Page 59 - La Regola Pastorale
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si gloriavano per la virtù dell’astinenza, aggiunse: Tutte cose che possiedono certo un
aspetto di sapienza nella loro religiosità umiltà e austerità del corpo, ma non hanno
alcun valore contro la soddisfazione della carne (Col. 2, 23). In ciò va notato che nella
sua argomentazione, il predicatore egregio accosta alla scrupolosità un certo aspetto di
umiltà, poiché quando il corpo viene indebolito più del necessario dall’astinenza, si
manifesta esteriormente umiltà, ma proprio per questa umiltà si insuperbisce
gravemente nell’intimo. E se non fosse vero che l’animo talvolta si gonfia d’orgoglio
per la virtù dell’astinenza, il fariseo non avrebbe enumerato con diligente presunzione
questa virtù fra i suoi grandi meriti, dicendo: Digiuno due volte la settimana (Lc. 18,
12). Pertanto bisogna ammonire i golosi che, mentre sono dediti al piacere dei cibi, non
si facciano trafiggere dalla spada della lussuria, e vedano con quanta forza, attraverso il
mangiare, li insidiano la loquacità e la leggerezza della mente, affinché mentre servono
con la mollezza il ventre non si trovino crudelmente stretti nei lacci dei vizi. Infatti,
tanto più ci si allontana dal secondo genitore quanto più, col tendere la mano ad uso
smodato del cibo, si ripete la caduta del primo genitore. Ma al contrario, bisogna
ammonire i temperanti a fare molta attenzione che, mentre fuggono il vizio della gola,
non si generino, quasi dalla stessa virtù, vizi ancora peggiori; così che mentre macerano
la carne, lo spirito erompa nell’impazienza. Poiché la vittoria sulla carne non costituisce
più una virtù, se lo spirito si lascia vincere dall’ira. Ma talvolta, quando il cuore dei
temperanti riesce a trattenersi dall’ira, lo coglie come una gioia insolita che lo
corrompe, e il bene della astinenza si perde quanto meno si custodisce dai vizi spirituali.
Perciò giustamente è detto per mezzo del profeta: Nei giorni dei vostri digiuni si
manifestano le vostre volontà (cf. Is. 58, 3 - LXX). E poco dopo: Voi digiunate nelle liti
e nelle risse e fate a pugni (cf. Is. 58, 4). La volontà si riferisce alla gioia e il pugno
all’ira. Invano dunque si prostra il corpo con l’astinenza, se il cuore, abbandonato a moti
disordinati, si dissipa nei vizi. E ancora, bisogna ammonire i temperanti a custodire la
loro astinenza sempre intatta, senza credere mai che essa rappresenti una virtù eccelsa
presso il Giudice occulto, perché se si dovesse credere che in essa ci sia gran merito, il
cuore non si esalti nell’orgoglio. Perciò infatti è detto per mezzo del profeta: È forse
questo il digiuno che ho scelto? Spezza invece il tuo pane a chi ha fame e conduci a
casa tua i pellegrini bisognosi (Is. 58, 5.7). In ciò dunque bisogna considerare come
viene stimata piccola la virtù dell’astinenza, che non si raccomanda se non per la
presenza di altre virtù. Perciò Gioele dice: Santificate il digiuno (Gioe. 1, 14). Infatti,
santificare il digiuno significa mostrare a Dio una astinenza del corpo resa degna per
l’aggiunta di altre virtù. Bisogna ammonire i temperanti a tenere presente che essi
offrono un’astinenza gradita a Dio solo quando i cibi che sottraggono al proprio
nutrimento li distribuiscono ai bisognosi. Bisogna sapientemente ascoltare ciò che il
Signore rimprovera, per mezzo del profeta, dicendo: Quando digiunavate e piangevate,
il quinto e il settimo mese, per questi settant’anni, forse facevate un digiuno per me? E
quando avete mangiato e bevuto, non avete mangiato forse per voi stessi e bevuto per
voi stessi? (Zac. 7, 5 s.). Infatti non si digiuna per Dio ma per sé, quando ciò che in certi
tempi si sottrae al ventre, non lo si distribuisce ai bisognosi, ma lo si custodisce per
offrirlo di nuovo al ventre in altri momenti. E così, affinché la golosità non faccia
decadere gli uni dalla stabilità dello spirito, e la mortificazione della carne non faccia
inciampare gli altri con l’orgoglio, ascoltino i golosi dalla bocca della Verità: Badate a
voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano nella crapula e nell’ubriachezza e
nelle preoccupazioni di questo mondo (Lc. 21, 34). E quindi aggiunge a ciò l’utile
timore: E sopravvenga improvviso su di voi quel giorno. Infatti sopravverrà come un