Page 57 - La Regola Pastorale
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affinché con l’accoglimento degli elogi che amano, essi accettino insieme le correzioni
che odiano. Ma spesso possiamo persuadere meglio e più utilmente gli orgogliosi, se
facciamo passare il loro progresso piuttosto come pin vantaggioso per noi che per loro,
se chiediamo che il loro miglioramento si compia più per noi che per loro stessi. Poiché
è facile che l’orgoglio si pieghi al bene se crede che la propria condiscendenza giovi ad
altri. Perciò Mosè che aveva Dio come guida e attraversava il deserto dietro la nuvola
d’aria, volendo allontanare il suo parente Hobab dalla consuetudine pagana e
sottometterlo alla signoria di Dio onnipotente, [lo pregò dicendo]: Noi partiamo per il
luogo che il Signore ci darà; vieni con noi affinché ti facciamo del bene perché il
Signore ha promesso dei beni a Israele. Ma poiché quello gli rispose: Non verrò con te
ma ritornerò alla terra dove sono nato, aggiunse subito: Non ci abbandonare, perché tu
conosci in quali luoghi attraverso il deserto, dobbiamo porre l’accampamento e sarai
nostra guida (Num. 10, 29 ss.). Certo l’ignoranza riguardo al viaggio non angustiava
l’animo di Mosè, lui che la conoscenza della divinità aveva dilatato alla scienza della
profezia; che la colonna precedeva all’esterno, e che il colloquio familiare della
conversazione assidua con Dio istruiva, all’interno, su ogni cosa. Ma evidentemente, da
uomo avveduto, che stava trattando con un ascoltatore orgoglioso, lo pregò di un aiuto
per poterglielo dare: cercava in lui una guida per il viaggio, per potergli essere guida
alla vita. E agi in modo che l’ascoltatore superbo tanto più si offrisse alla voce che lo
attirava verso beni migliori quanto più si sentiva considerato necessario; ma proprio
nello stimarsi come colui che precede chi lo esorta, di fatto obbediva alle sue parole.
18 — Come si devono ammonire gli ostinati e gli incostanti
Diverso è il modo di ammonire gli ostinati e gli incostanti. Ai primi bisogna dire che
essi si stimano più di quello che sono e perciò non acconsentono ai consigli altrui; i
secondi bisogna convincerli che poiché si disprezzano e non hanno alcuna
considerazione di sé, i loro pensieri mancano di fermezza e così mutano il loro giudizio
a seconda dei momenti. A quelli bisogna dire che se non si stimassero migliori degli
altri, non posporrebbero i consigli di tutti alla propria decisione; a questi bisogna dire
che se fissassero comunque l’attenzione del proprio animo a ciò che sono, il vento
dell’instabilità non li trascinerebbe per tanta diversità di posizioni. A quelli è detto per
mezzo di Paolo: Non siate prudenti presso voi stessi (Rom. 12, 6). Al contrario, questi si
sentono dire: Non facciamoci portare in giro da ogni vento di dottrina (Ef. 4, 14). Di
quelli, per mezzo di Salomone è detto: Mangeranno il frutto della loro via e si
sazieranno dei loro consigli (Prov. 1, 31). Di questi, ancora lo stesso scrive: Il cuore
degli stolti sarà mutevole (Prov. 15, 7). Infatti il cuore dei sapienti è sempre uguale a se
stesso, perché mentre riposa su persuasioni rette è costante nel bene operare. Ma il cuore
degli stolti è mutevole perché mostrandosi vario nell’instabilità, non rimane mai ciò che
è stato prima. E poiché certi vizi, come ne generano altri da se stessi così da altri
nascono, è importantissimo sapere che tanto più riusciamo a toglierli, attraverso la
correzione, quanto più asciughiamo la fonte stessa della loro amarezza. E in effetti,
l’ostinazione è generata dalla superbia, l’incostanza dalla leggerezza. Perciò bisogna
ammonire gli ostinati a riconoscere l’orgoglio del proprio pensiero e ad applicarsi per
vincere se stessi, perché mentre all’esterno rifiutano con disprezzo di lasciarsi vincere
dai giusti consigli di altri, interiormente non siano tenuti prigionieri dalla superbia.
Bisogna ammonirli a considerare che il Figlio dell’uomo, che ha sempre una sola
volontà col Padre, per offrirci l’esempio di come spezzare la nostra volontà, dice: Non