Page 48 - La Regola Pastorale
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ma certamente — praticando sia la lussuria sia la superbia così da accrescere, con
l’aggiunta di se stesso, il numero dei perduti — moltiplica le dimore degli stranieri, cioè
le azioni degli spiriti immondi. E poi opportunamente si aggiunge: E tu pianga, negli
ultimi giorni, quando avrai consumato le tue carni e il tuo corpo. Spesso, infatti, la
salute del corpo che si è ricevuta viene dissipata coi vizi; ma quando improvvisamente è
sottratta, quando la carne viene afflitta da tormenti, quando l’anima già è incalzata ad
uscire, si ricerca, quasi per vivere bene, quella salute perduta che si è goduta a lungo,
male. E allora si lamentano gli uomini di non aver voluto servire Dio, quando ormai non
possono più servire, per rimediare ai danni della propria negligenza. Per cui altrove è
detto: Quando li uccideva, allora lo cercavano (Sal. 77, 34). Al contrario, bisogna
ammonire i malati a sentirsi tanto più figli di Dio quanto più li castigano i colpi della
correzione. Infatti, se Egli non avesse disposto di dare l’eredità a coloro che corregge,
non si curerebbe di istruirli attraverso le sofferenze. Perciò il Signore dice a Giovanni
per mezzo dell’angelo: Io rimprovero e castigo quelli che amo (Ap. 3, 19). Perciò
ancora è scritto: Figlio mio, non trascurare la correzione del Signore, non stancarti di
essere rimproverato da lui. Poiché Dio castiga chi ama e colpisce ogni figlio che
accoglie (Ebr. 12, 5-6). Perciò il salmista dice: Molte sono le tribolazioni dei giusti, ma
da tutte li ha liberati il Signore (Sal. 33, 20). Perciò pure il santo Giobbe dice, gridando
nel dolore: Se sarò giusto non leverò la testa, sazio di tribolazione e di miseria (Giob.
10, 15). Bisogna dire ai malati che, se credono che sia loro la patria celeste, è necessario
che patiscano fatiche in questa come in terra straniera. È per questo infatti che, per
essere poste senza rumore di martelli nella costruzione del tempio del Signore, le pietre
vennero squadrate di fuori; per significare cioè che ora noi siamo percossi dalle sferze di
fuori, per essere poi posti dentro, nel tempio di Dio, senza i colpi della correzione,
affinché tutto ciò che in noi è superfluo ora, lo tagli via la battitura, e allora,
nell’edificio, ci tenga uniti la sola concordia della carità.
Bisogna ammonire i malati a considerare la durezza dei colpi con cui vengono castigati i
figli carnali, e solamente in vista di eredità terrene. E perché allora ci è pesante la pena
della correzione divina, per la quale si riceve una eredità che non andrà mai perduta e si
evitano supplizi che dureranno sempre? Perciò infatti dice Paolo: Del resto, noi
abbiamo avuto come educatori i nostri padri secondo la carne, e rispettavamo; non
obbediremo molto di pia al padre degli spiriti e vivremo? Quelli invero ci educavano
secondo la loro volontà e per un tempo breve, ma questo ci educa per ciò che è utile a
ricevere la sua santificazione (Ebr. 12, 9-10). Bisogna ammonire i malati a considerare
quanta salute del cuore sia la sofferenza del corpo, la quale richiama la mente alla
conoscenza di sé e restituisce il ricordo della propria debolezza, che spesso la salute
rigetta; e così lo spirito, portato fuori di sé a gonfiarsi di orgoglio, si ricorda a quale
condizione è soggetto proprio per quella carne colpita che deve sostenere. E ciò è
rettamente rappresentato da Balaam (se effettivamente avesse voluto seguire obbediente
la voce di Dio) proprio in quell’essere ritardato nel suo cammino. Infatti Balaam vuole
giungere alla mèta che si è prefisso ma l’animale che egli guida ostacola il suo desiderio
(cf. Num. 22, 23 ss.). In effetti, l’asina trattenuta dalla proibizione dell’angelo vede ciò
che lo spirito dell’uomo non riesce a vedere, poiché spesso la carne resa tarda dalla
sofferenza, con la percossa che patisce indica Dio allo spirito, mentre lo stesso spirito
che governa la carne non lo vedeva; e così la carne [sofferente] trattiene l’ansietà dello
spirito di colui che brama di progredire in questo modo, come di chi sta percorrendo un
cammino, finché gli illumina l’invisibile che gli si oppone. Per ciò anche, per mezzo di
Pietro, è ben detto: Ricevette la correzione della sua follia: un muto giumento parlando