Page 45 - La Regola Pastorale
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nemico, perché di lui è scritto: Per l’invidia del diavolo la morte entrò nel mondo (Sap.
                  2, 24). Infatti, poiché egli aveva perduto il cielo, lo invidiò all’uomo appena creato, ed
                  essendosi perduto lui volle accrescere la sua perdizione perdendo ancora altri. Bisogna
                  ammonire gli invidiosi a rendersi conto di quanto siano grandi le cadute per le quali
                  cresce la rovina sotto cui essi giacciono, poiché sé non gettano via l’invidia dal cuore
                  precipitano  in  una  aperta  iniquità  di  opere.  Se  infatti  Caino  non  avesse  invidiato  il
                  sacrificio gradito [a Dio] del fratello, non sarebbe giunto a spegnere la sua vita. Perciò è
                  scritto: E il Signore riguardò ad Abele e ai suoi doni; ma non riguardò a Caino e ai
                  suoi doni. E Caino si adirò fortemente e gli cadde il volto (Gen. 4, 4). E così, l’invidia
                  per il sacrificio fu il germe del fratricidio, ed egli tagliò via chi non sopportava fosse
                  migliore di lui, affinché non fosse più in alcun modo. Bisogna dire agli invidiosi che
                  mentre si consumano interiormente per questa peste essi uccidono anche ogni altra cosa
                  buona sembrino avere dentro di  sé. Perciò  è scritto:  La sanità  del  cuore è vita della
                  carne, l’invidia è putredine delle ossa (Prov. 14, 30). Che cosa si intende per carne se
                  non le azioni molli e deboli, e per ossa se non quelle forti? Eppure accade spesso che
                  alcuni i quali appaiono deboli in alcune loro azioni, hanno l’innocenza del cuore e altri
                  invece si comportino in maniera forte agli occhi degli uomini e tuttavia nei confronti del
                  bene altrui si consumino nell’intimo, per la peste dell’invidia. Pertanto è ben detto: La
                  sanità del cuore è vita della carne, perché se si custodisce l’innocenza del cuore, anche
                  se  l’agire  esterno  talvolta  è  debole,  prima  o  poi  si  irrobustisce.  E  si  aggiunge
                  correttamente:  L’invidia  è  putredine  delle  ossa,  perché  per  il  vizio  dell’invidia,  agli
                  occhi di Dio vanno perdute anche quelle azioni che agli occhi degli uomini sembrano da
                  forti; infatti l’imputridire delle ossa per l’invidia significa il deperire di certe cose anche
                  forti.

                  11 — Come si devono ammonire i semplici e gli insinceri

                  Diverso è il modo di ammonire i semplici e gli insinceri.
                  I  semplici  bisogna  lodarli  perché  si  studino  di  non  dire  mai  il  falso,  ma  bisogna
                  ammonirli che sappiano ogni tanto tacere il vero. Come il falso nuoce sempre a chi lo
                  dice, così talvolta ad alcuni nuoce ascoltare la verità. Perciò il Signore, temperando il
                  suo discorso col silenzio, davanti ai discepoli, dice: Ho molte cose da dirvi ma ora non
                  potete  portarle  (Gv.  16,  12).  Pertanto  bisogna  ammonire  i  semplici  a  dire  la  verità
                  badando  sempre  all’utilità  allo  stesso  modo  che  sempre  utilmente  evitano  l’inganno.
                  Bisogna  ammonirli  ad  aggiungere  al  bene  della  semplicità  quello  della  prudenza,
                  affinché  abbiano  quella  sicurezza  che  viene  dalla  semplicità  senza  perdere
                  quell’attenzione propria della prudenza. Perciò infatti dice il dottore delle genti: Voglio
                  che voi siate sapienti nel bene ma semplici nel male (Rom. 16, 19). Perciò la Verità
                  stessa ammonisce i suoi eletti dicendo: Siate prudenti come serpenti e semplici come
                  colombe (Mt. 10, 16). Perché evidentemente nel cuore degli eletti l’astuzia del serpente
                  deve rendere acuta la semplicità della colomba, e insieme la semplicità della colomba
                  deve temperare l’astuzia del serpente, affinché essi non si lascino sedurre ad eccedere
                  nell’esercizio  della  prudenza  né,  per  la  semplicità,  divengano  torpidi  nell’uso
                  dell’intelligenza.
                  Al  contrario,  bisogna  ammonire  gli  insinceri  a  riconoscere  quanto  sia  grave  colpa  la
                  fatica di quella doppiezza, che essi sostengono. Infatti, per il timore di essere scoperti
                  cercano sempre giustificazioni cattive e sono sempre agitati da sospetti che li rendono
                  paurosi. Ma niente è più sicuro della purezza, a propria difesa; niente più facile a dirsi
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