Page 41 - La Regola Pastorale
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utile  con  loro  se  richiamiamo  anche  solo  ciò  che  hanno  fatto  di  bene;  e  se  hanno
                  compiuto  qualche  cosa  di  irregolare  non  glielo  rimproveriamo  come  una  colpa  già
                  commessa,  ma  ci  limitiamo  a  distoglierli  da  quella  come  se  dovessero  ancora
                  commetterla,  affinché  la  benevolenza  manifestata  accresca  in  loro  le  azioni  che
                  approviamo, mentre contro le azioni che dobbiamo rimproverare più che il rimprovero
                  abbia maggiore efficacia presso di loro una esortazione riguardosa. Perciò il medesimo
                  Paolo, vedendo che i Tessalonicesi fermi nella predicazione ricevuta erano turbati da un
                  senso di paura come per una prossima fine del mondo, prima loda quanto scorge in loro
                  di forte, e solo dopo, con caute ammonizioni, rafforza la loro debolezza. Dice infatti:
                  Dobbiamo ringraziare sempre Dio per voi, fratelli, come è degno, perché la vostra fede
                  aumenta  e  abbonda  in  ciascuno  di  voi  la  carità  vicendevole;  così  che  noi  stessi  ci
                  gloriamo per voi nelle chiese di Dio, per la vostra pazienza e la vostra fede (2 Tess. 1,
                  3-4). E dopo avere premesso queste lodi lusinghiere riguardo alla loro vita, poco dopo
                  prosegue dicendo: Vi preghiamo tuttavia, fratelli, per la venuta del nostro Signore Gesti
                  Cristo e il nostro riunirci in Lui, che non vi lasciate smuovere troppo presto dal vostro
                  sentire né spaventare da spirito o da discorso o da lettera come fosse stata scritta da
                  noi, come se il giorno del Signore fosse imminente (2 Tess. 2, 1). Così, da vero maestro,
                  fece in modo che prima si sentissero lodati per ciò che riconoscevano di sé, e quindi si
                  sentissero  esortati  rispetto  a  ciò  che  dovevano  seguire;  affinché  la  lode  premessa
                  rafforzasse il loro spirito per accogliere senza turbamento la ammonizione che sarebbe
                  seguita. E sebbene sapesse che essi erano turbati dal timore della prossima fine, non li
                  rimproverava per questo, ma come se ignorasse addirittura la cosa, quasi non si fosse
                  ancora data, li preveniva affinché non si turbassero. E questo perché, mentre per quel
                  lieve  cenno  potevano  credere  che  il  loro  maestro  avesse  addirittura  ignorato  questo
                  aspetto  in  loro,  temessero  però  sia  di  meritare  il  rimprovero  sia  di  essere  in  ciò
                  conosciuti da lui.

                  9 — Come si devono ammonire gli impazienti e i pazienti

                  Diverso  è  il  modo  di  ammonire  gli  impazienti  e  i  pazienti.  Infatti,  agli  impazienti
                  bisogna  dire  che  trascurando  di  frenare  la  loro  natura  precipiteranno  in  molte  azioni
                  inique contro la loro stessa intenzione, perché evidentemente il furore spinge l’animo
                  dove non desidererebbe essere trascinato e, senza che uno se ne renda conto, provoca
                  turbamenti, di cui poi egli si duole quando ne prende coscienza. Bisogna dire pure agli
                  impazienti che quando agiscono come folli per impulso di un moto precipitoso, a stento
                  si rendono conto delle proprie azioni cattive solo dopo che le hanno compiute. Coloro
                  che non contrastano per nulla le proprie emozioni, turbano anche ciò che forse avevano
                  compiuto tranquillamente, e per un improvviso impulso distruggono tutto ciò che forse
                  avevano  costruito  con  lunga  e  provvida  fatica.  Per  il  vizio  dell’impazienza  si  perde
                  perfino la virtù, poiché è scritto: La carità è paziente (1 Cor. 13, 4). Pertanto, se non è
                  paziente  affatto  non  è  carità.  Anche  la  stessa  scienza  che  alimenta  le  altre  virtù  è
                  dissipata dal vizio dell’impazienza, infatti è scritto: La scienza dell’uomo si apprende
                  attraverso la pazienza (Prov. 19, 11); per cui tanto meno uno si mostra dotto quanto
                  meno si dimostra paziente. E neppure può compiere con verità il bene a parole, se nella
                  vita non sa sopportare in pace i difetti altrui. Inoltre, per questo vizio dell’impazienza lo
                  spirito resta ferito dalla colpa dell’arroganza, perché quando uno non sopporta di essere
                  disprezzato in questo mondo, se ha qualche bene nascosto si sforza di ostentarlo, così
                  attraverso  l’impazienza  è  condotto  all’arroganza  e,  per  non  poter  sopportare  il
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