Page 39 - La Regola Pastorale
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5 — Come bisogna ammonire i servi e i padroni

                  Diverso  è  il  modo  di  ammonire  i  servi  e  i  padroni.  I  servi,  bisogna  ammonirli  a
                  considerare  sempre  in  se  stessi  l’umiltà  della  loro  condizione;  i  padroni,  a  non
                  dimenticare la propria natura per la quale sono creati uguali ai loro servi. I servi bisogna
                  ammonirli  a  non  disprezzare  i  loro  padroni  per  non  offendere  Dio  insuperbendo  e
                  contraddicendo alla sua disposizione; ma bisogna ammonire anche i padroni che, a loro
                  volta, insuperbiscono contro Dio riguardo al suo dono se non riconoscono uguali a sé,
                  per la comune natura, coloro che, per la loro condizione, tengono sottomessi.
                  I servi bisogna ammonirli a sapere di essere servi dei loro padroni; i padroni bisogna
                  ammonirli a riconoscere di essere conservi dei loro servi. Agli uni infatti è detto: Servi,
                  obbedite ai vostri padroni secondo la carne (Col. 3, 22). E ancora: Coloro che sono
                  sotto il giogo della servita giudichino i loro padroni degni di ogni onore (1 Tim. 6, 1);
                  ma agli altri è detto: E voi, padroni, fate lo stesso con loro rinunciando a minacciarli,
                  sapendo che il padrone vostro e loro è nei cieli (Ef. 6, 2).

                  6 — Come bisogna ammonire sapienti e incolti

                  Diverso  è  il  modo  di  ammonire  i  sapienti  di  questo  mondo  e  gli  incolti.  I  sapienti,
                  bisogna ammonirli a perdere la scienza di ciò che sanno; gli incolti invece, a desiderare
                  di sapere ciò che non sanno. Negli uni la prima cosa da distruggere è il fatto che essi si
                  giudicano  sapienti;  negli  altri,  bisogna  ormai  edificare  tutto  ciò  che  si  conosce  della
                  sapienza celeste, poiché in loro non c’è alcuna superbia e con ciò è come se avessero
                  preparato i loro cuori a ricevere quell’edificio. Coi sapienti bisogna affaticarsi perché
                  divengano  più  sapientemente  stolti:  abbandonino  la  sapienza  stolta  ed  imparino  la
                  sapiente  stoltezza  di  Dio  (cf.  1  Cor.  1,  25);  agli  incolti  invece,  bisogna  predicare  in
                  modo che, dalla loro apparente stoltezza si accostino più da vicino alla vera sapienza.
                  Infatti, ai primi è detto: Se qualcuno di voi sembra sapiente in questo secolo, diventi
                  stolto per essere sapiente (1 Cor. 3, 18); e agli altri è detto: Non molti sapienti secondo
                  la carne (1 Cor. 1, 26). E ancora: Dio ha scelto le cose stolte del mondo per confondere
                  i sapienti (1 Cor. 1, 27). Per lo più ci vogliono ragionamenti per convertire i primi; per
                  gli altri, molto spesso valgon meglio gli esempi. A quelli, pertanto, giova rimanere vinti
                  nelle  loro  argomentazioni;  per  questi  invece,  in  genere  è  sufficiente  che  conoscano
                  azioni altrui degne di lode. Perciò il grande maestro, debitore verso i sapienti e verso gli
                  insipienti (Rom. 1, 14), insegnando agli Ebrei, tra i quali alcuni erano sapienti e altri
                  anche piuttosto rozzi, e parlando loro del compimento dell’Antico Testamento, superò
                  la  loro  sapienza  con  l’argomento:  Quanto  è  antiquato  e  vecchio  è  presso  alla  morte
                  (Ebr. 8, 13). Ma poi, rendendosi conto che alcuni si potevano trascinare solamente con
                  la forza degli esempi, aggiunse nella medesima lettera: I santi sperimentarono schemi e
                  battiture  e  inoltre  catene  e  carcere,  furono  lapidati,  segati,  sottoposti  a  dure  prove,
                  uccisi di spada (Ebr. 11, 36-37). E ancora: Ricordatevi dei vostri superiori che vi hanno
                  parlato  la  Parola  di  Dio  e,  considerando  quale  fu  il  termine  della  loro  esistenza,
                  imitatene la fede (Ebr. 13, 7). E così vinceva gli uni con la forza del ragionamento; e gli
                  altri li persuadeva ad elevarsi a una vita superiore attraverso una dolce imitazione.

                  7 — Come bisogna ammonire gli sfrontati e i timidi

                  Diverso  è  il  modo  di  ammonire  gli  sfrontati  e  i  timidi.  I  primi,  infatti,  nulla  vale  a
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