Page 35 - La Regola Pastorale
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fatica di una pesante fortuna avversa; quelli che sono vincolati dal matrimonio, e quelli
che sono liberi dal vincolo matrimoniale; quelli che hanno esperienza di unione carnale,
e quelli che non l’hanno; quelli che piangono peccati di opere, e quelli che piangono
peccati di pensiero; quelli che piangono i peccati e tuttavia non se ne staccano, e quelli
che se ne staccano e tuttavia non li piangono; quelli che addirittura lodano le azioni
illecite che compiono, e quelli che accusano le loro depravazioni ma non le evitano;
quelli che sono vinti da una improvvisa concupiscenza, e quelli che restano prigionieri
della colpa con deliberazione; quelli che commettono frequentemente peccati, sia pure
minimi, e quelli che si custodiscono dai piccoli ma talvolta’affondano nei più gravi;
quelli che non incominciano neppure a fare il bene, e quelli che dopo averlo
incominciato non lo portano a termine; coloro che fanno il male di nascosto e il bene in
pubblico, e quelli che nascondono il bene che fanno e tuttavia lasciano che si pensi male
di loro per certe loro azioni pubbliche. Ma non ci sarebbe alcuna utilità a passare in
rassegna in una breve enumerazione tutte queste situazioni se non esponessimo anche,
con la maggiore brevità possibile, i modi dell’ammonizione adatti a ciascuna di esse.
Dunque deve essere diverso il modo di ammonire gli uomini e le donne poiché agli uni
bisogna imporre obblighi più gravi affinché gravi doveri li rendano sempre operanti
nell’esercizio del bene; alle altre invece bisogna imporre pesi più leggeri che le
convertano come accarezzandole. Diverso deve essere il modo di ammonire i giovani e i
vecchi poiché è la severità dell’ammonizione che per lo più guida i primi nel loro
progresso mentre è un’amorevole preghiera che dispone i secondi a un agire migliore.
Poiché è scritto: Non sgridare un anziano ma pregalo come un padre (1 Tim. 5, 1).
2 — Come bisogna ammonire i poveri e i ricchi
Diverso è il modo di ammonire i poveri e i ricchi poiché agli uni dobbiamo offrire il
sollievo della consolazione di fronte alla tribolazione, agli altri invece il timore di fronte
all’esaltazione. Al povero, il Signore dice, per mezzo del profeta: Non temere perché
non sarai confuso. E non molto tempo dopo dice con dolcezza: Poverina, sbattuta dalla
tempesta (Is. 48, 10). E ancora la consola dicendo: Ti ho scelto nel crogiolo della
povertà (Is. 54, 4. 11). Paolo, al contrario, a proposito dei ricchi dice al discepolo: Ai
ricchi di questo secolo ordina di non essere superbi e di non sperare nelle loro incerte
ricchezze (1 Tim. 6, 17); dove occorre notare che il maestro dell’umiltà non dice: prega
ma ordina, perché quantunque si debba usare misericordia alla debolezza, non si deve
onore all’orgoglio. Dunque, ciò che è giusto dire a tali persone viene loro tanto più
giustamente comandato quanto più esse si gonfiano nell’esaltazione del loro pensiero
riguardo a realtà che passano. Di costoro il Signore dice nell’Evangelo: Guai a voi,
ricchi, che avete la vostra consolazione (Lc. 6, 24). Poiché infatti essi ignorano in che
cosa consistono le gioie eterne e si consolano con la ricchezza della vita presente.
Bisogna allora offrire consolazione a coloro che ardono nel crogiolo della povertà,
mentre agli altri, che si esaltano nella consolazione della gloria mondana, occorre
insinuare il timore; affinché i poveri apprendano che possiedono ricchezze che non
vedono e i ricchi sappiano che non possono conservare le ricchezze che vedono. Spesso
tuttavia la qualità dei costumi inverte l’ordine delle persone, per cui il ricco è umile e il
povero orgoglioso. Subito allora la parola del predicatore deve adattarsi alla vita di chi
ascolta così da colpire con tanto maggior rigore l’orgoglio nel povero in quanto neppure
la povertà che gli è stata imposta riesce a piegarlo; e con tanta più dolcezza accarezzi
l’umiltà dei ricchi in quanto neppure la ricchezza che inorgoglisce li esalta. Tuttavia non