Page 36 - La Regola Pastorale
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di rado anche il ricco superbo deve essere placato con dolce esortazione, perché spesso
dure ferite si alleviano con medicamenti leggeri e la furia dei pazzi è ricondotta al senno
da un medico amorevole, così che quando si viene loro incontro con dolcezza si mitiga
la malattia, dell’insania. Infatti bisogna penetrare senza negligenza il significato più
profondo di ciò che accadeva quando lo spirito avverso invadeva Saul, e David calmava
la sua follia con la cetra (cf. 1 Sam. 16, 23); giacché, a che cosa si accenna attraverso
Saul se non all’orgoglio dei potenti? E a che cosa attraverso David se non all’umile vita
dei santi? Dunque, quando Saul è afferrato dallo spirito immondo, la sua follia è
moderata dal canto di David perché quando il sentimento dei potenti si muta in furore a
causa dell’orgoglio, è opportuno che esso sia richiamato alla sanità della mente, dalla
pacatezza del nostro parlare come dal dolce suono della cetra. Ma talvolta, quando si
tratta di confutare dei potenti di questo mondo, occorre prima metterli alla prova usando
delle similitudini come se si trattasse di affare che non riguarda loro; e quando avranno
proferito una giusta sentenza come rivolta a un altro, allora con i modi opportuni
bisogna colpirli direttamente con l’accusa della loro colpa, affinché il cuore, gonfio
della sua potenza mondana, non si erga contro chi lo rimprovera — poiché è col suo
stesso giudizio che questi calpesta il suo collo superbo — ed esso non provi a difendersi
in alcun modo, legato com’è dalla sentenza pronunciata con la sua stessa bocca. Perciò,
infatti, il profeta Natan era venuto ad accusare il re con l’aria di chiedere un giudizio
contro un ricco in difesa di un povero (cf. 2 Sam. 12, 1-15), affinché il re prima
pronunciasse la sua sentenza e solamente dopo ascoltasse il suo peccato, senza poter
contraddire ciò che era giusto, secondo quanto egli stesso aveva proferito contro di sé. E
così l’uomo santo considerando insieme il peccatore e il re, secondo un mirabile
procedimento, prima legò il re temerario attraverso la confessione quindi lo troncò con
l’accusa; per un poco celò chi veramente cercava ma colpi improvvisamente colui che
teneva stretto. Forse avrebbe agito su di lui con minore efficacia se fin dal principio del
discorso avesse voluto colpire apertamente la colpa, mentre anticipando la similitudine
rese più acuto il rimprovero che essa nascondeva. Era venuto come un medico da un
malato, vedeva che la ferita doveva essere tagliata ma dubitava della pazienza del
malato; pertanto, nascose il bisturi sotto la veste e trattolo improvvisamente lo conficcò
nella ferita, perché il malato lo sentisse tagliare prima di vederlo e non si fosse rifiutato
di sentirlo se l’avesse veduto in precedenza.
3 — Come bisogna ammonire gli allegri e i tristi
Diverso è il modo di ammonire gli allegri e i tristi. Agli allegri evidentemente bisogna
presentare le tristezze che tengono dietro al castigo; ai tristi invece i gaudii promessi
come frutto del regno. Gli allegri imparino dalla durezza delle minacce ciò che devono
temere; i tristi ascoltino le gioie del premio che già possono pregustare. Ai primi, infatti,
è detto: Guai a voi che ora ridete, poiché piangerete (Lc. 6, 25); gli altri invece
ascoltano l’insegnamento del medesimo maestro: Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore
gioirà e nessuno vi toglierà la vostra gioia (Gv. 16, 22). Alcuni però non diventano
allegri o tristi per le circostanze ma lo sono per temperamento nativo e ad essi bisogna
certamente far conoscere che ci sono dei vizi verso i quali certi temperamenti sono più
proclivi: infatti le persone allegre sono facili alla lussuria, le tristi all’ira. Perciò è
necessario che ognuno consideri non solamente ciò che deve sostenere a causa del suo
temperamento, ma anche ciò che lo preme da vicino con peggiore pericolo, perché non
avvenga che, mentre lotta contro ciò che deve sopportare, si trovi a soccombere davanti