Page 46 - La Regola Pastorale
P. 46

della  verità.  Infatti  il  cuore  costretto  a  proteggere  la  propria  falsità  dura  una  pesante
                  fatica, e perciò è scritto: La fatica delle loro labbra li ricoprirà (Sal. 139, 10). La fatica,
                  che ora riempie e soddisfa, allora  ricoprirà perché opprimerà con atroce retribuzione
                  l’animo  di  colui  che  ora  tira  fuori  d’impaccio  a  prezzo  di  una  leggera  inquietudine.
                  Perciò si dice in Geremia: Hanno insegnato alla loro lingua a dire la menzogna, si sono
                  affaticati per  commettere l’iniquità  (Ger. 9, 5), come se dicesse apertamente:  Coloro
                  che potevano essere amici della verità senza fatica, si affaticano per peccare e mentre
                  rifiutano  di  vivere  semplicemente,  si  adoperano  con  tutte  le  loro  forze  per  morire.
                  Infatti, non di rado, se sono colti in fallo, mentre rifuggono dal farsi riconoscere quali
                  sono, si nascondono sotto il velo della falsità e si affaccendano per giustificare ciò in cui
                  stanno peccando e che è già apertamente visibile; così che spesso colui che ha cura di
                  correggere le loro colpe, ingannato dalle nebbie di questa aspersione di falsità, ha quasi
                  l’impressione di aver perduto di vista ciò che ormai teneva per certo a loro riguardo.
                  Perciò all’anima che pecca e si giustifica si dice, per mezzo del profeta che rettamente la
                  rappresenta nella Giudea: Là ebbe la sua tana il riccio (Is. 34, 15). Col nome di riccio si
                  indica la doppiezza di una mente impura che si difende con astuzia, e ciò chiaramente
                  perché il riccio, nel momento in cui viene preso, mostra tutto intero il corpo e si vedono
                  capo e piedi, ma appena è stato preso si raccoglie tutto in una palla, tira dentro i piedi,
                  nasconde il capo e di colpo scompare tutto nella mano di chi lo tiene, mentre appena
                  prima si mostrava tutto intero. Così certamente sono le anime insincere quando vengono
                  sorprese  nelle  loro  prevaricazioni.  Infatti  si  vede  il  capo  del  riccio  perché  si  vede
                  quando  il  peccatore  incomincia  ad  accostarsi  alla  colpa;  si  vedono  i  piedi  del  riccio
                  perché si conoscono le tracce del peccato commesso. E tuttavia, con l’addurre subito le
                  sue giustificazioni, l’anima insincera tira dentro i  piedi, cioè nasconde tutte le tracce
                  della sua iniquità; sottrae il capo, perché con le sue mirabili difese dimostra di non avere
                  neppure dato inizio a qualcosa di male, e resta come una palla in mano di chi lo tiene. Il
                  quale improvvisamente non si ritrova più tutto quanto aveva già compreso di lui poiché
                  ha di fronte un peccatore avvolto e chiuso nel segreto della sua coscienza; e lui stesso,
                  che lo aveva veduto tutto intero nel coglierlo sul fatto, tratto in inganno dai raggiri di
                  una  maliziosa  difesa,  ancora  tutto  intero  lo  ignora.  Il  riccio  dunque  ha  una  tana  nei
                  reprobi,  esso  che  raccogliendosi  in  se  stesso  nasconde  le  doppiezze  di  un  animo
                  malizioso  nelle tenebre  della giustificazione. Ascoltino  gli insinceri ciò  che è scritto:
                  Chi cammina nella semplicità, cammina con fiducia (Prov. 10.9); poiché la semplicità
                  dell’azione è fiducia di una grande sicurezza. Ascoltino ciò che è detto dalla bocca del
                  sapiente: Lo Spirito Santo fugge una dottrina di falsità (Sap. 1, 5). Ascoltino ciò che
                  ancora è offerto dalla testimonianza della Scrittura: La sua conversazione è coi semplici
                  (Prov. 3, 32). Infatti il conversare di Dio è il rivelare i suoi misteri ai cuori degli uomini
                  attraverso l’illuminazione della sua presenza. Pertanto si dice che conversa coi semplici
                  perché col raggio della sua visita illumina sui misteri celesti i loro cuori che non sono
                  oscurati da alcun’ombra di doppiezza. Il peccato delle persone doppie, poi, è un peccato
                  speciale,  perché  esse  ingannano  gli  altri  con  l’azione  doppia  e  perversa  e  insieme  si
                  gloriano  come  fossero  più  astuti  di  loro;  e  poiché  non  considerano  la  severità  della
                  retribuzione  che  riceveranno,  esultano  miseramente  del  proprio  danno.  Ma  ascoltino
                  come sopra di loro il profeta Sofonia stenda la forza della punizione divina, dicendo:
                  Ecco, viene il giorno del Signore, grande e terribile, giorno d’ira quel giorno, giorno di
                  tenebre e di caligine, giorno di nebbia e di turbine, giorno di suono di tromba su tutte le
                  città fortificate e su tutti gli angoli elevati (cf. Sof. 1, 15-16; Gioe. 2, 2). Infatti, che cosa
                  si intende per città fortificate se non gli animi sospettosi e sempre circondati di false
   41   42   43   44   45   46   47   48   49   50   51