Page 29 - La Regola Pastorale
P. 29
ascoltato; e tuttavia non deve cercare amore per se stesso, per non essere trovato come
chi, nell’occulta tirannide del suo pensiero, si oppone a colui che per via del suo ufficio
sembra servire. Ciò suggerisce bene Paolo quando ci manifesta gli aspetti nascosti della
sua dedizione, dicendo: Come anch’io piaccio a tutti in ogni cosa (1 Cor. 10, 33). E
tuttavia dice di nuovo altrove: Se piacessi ancora agli uomini non sarei servo di Cristo
(Gal. 1, 10). Dunque, Paolo piace e non piace perché, nel suo desiderio di piacere, non
cerca di piacere lui, ma che agli uomini piaccia la verità attraverso di lui.
9 — La guida delle anime deve essere attenta nella consapevolezza che non di rado i
vizi si travestono da virtù
La guida delle anime deve anche sapere che non di rado i vizi si travestono da virtù
Infatti spesso l’avarizia si nasconde sotto il nome di parsimonia e, al contrario, la
prodigalità sotto l’appellativo di generosità. Spesso una accondiscendenza senza
discrezione è considerata pietà, e un’ira sfrenata zelo virtuoso; spesso un’azione
precipitosa passa per rapidità efficiente e la lentezza dell’agire per prudenza deliberata.
Perciò è necessario che la guida delle anime discerna con vigile cura virtù da vizi,
perché l’avarizia non si impadronisca del suo cuore ed egli si compiaccia di apparire
parco nella sua amministrazione; oppure si vanti, magari con l’aria di commiserare la
propria liberalità, quando c’è stato qualche sperpero per la sua prodigalità; o trascini
all’eterno supplizio i sudditi rimettendo il peccato che avrebbe dovuto colpire; o
colpendo con crudeltà il peccato, pecchi egli stesso più gravemente; o, tratti con
leggerezza, con una fretta troppo anticipata, ciò che si sarebbe potuto trattare
correttamente e con ponderazione o, differendo il compimento di una buona azione, ne
converta in peggio il risultato.
10 — Quale debba essere la discrezione della guida delle anime nel correggere e nel
dissimulare; nello zelo e nella mansuetudine
Bisogna pure sapere che occorre talvolta dissimulare con prudenza i vizi dei sudditi ma
che pur dissimulandoli bisogna mostrare di conoscerli. Talvolta, colpe manifeste
bisognerà tollerarle per un certo tempo, talvolta invece, quando sono nascoste,
esaminarle diligentemente; talvolta riprenderle con dolcezza; talvolta al contrario
rimproverarle con forza. Alcune in effetti, come abbiamo detto, bisogna dissimularle
con prudenza e tuttavia mostrare di conoscerle, affinché il peccatore sapendo di essere
noto come tale, e di essere tuttavia sopportato, arrossisca di aumentare quelle colpe che
vede tollerate in silenzio nei suoi confronti, e fattosi giudice di se stesso si punisca, lui
che la clemente pazienza della sua guida, per parte sua, scusa. È chiaro che con questa
dissimulazione il Signore corregge la Giudea, quando dice per mezzo del profeta: Hai
mentito e non ti sei ricordata di me né hai meditato in cuor tuo; perché io tacevo quasi
come uno che non vede (Is. 57, 11). Dunque dissimulò le colpe e lo fece notare, in
quanto tacque contro il peccatore ma non tacque il fatto stesso di avere taciuto. Alcune
colpe manifeste, invece, bisogna tollerarle per un certo tempo; finché cioè l’opportunità
della situazione non sia tale da consigliare un’aperta correzione. Infatti le ferite operate
troppo presto si infiammano maggiormente, e se i medicamenti non vengono graduati in
modo conveniente nel tempo, è chiaro che non rendono al medico la loro utilità. Ma
quando il superiore deve cercare tempo per infliggere la correzione ai sudditi, è proprio
sotto il peso di quelle colpe che si esercita la sua pazienza. Perciò dice bene il salmista: