Page 25 - La Regola Pastorale
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né tralasci di provvedere alle necessità esteriori per la sollecitudine del bene interiore,
                  affinché, dedito alle attività esterne non venga meno alla vita spirituale oppure occupato
                  solo in essa manchi di rendere quel che deve al prossimo nell’attività esterna. Accade
                  spesso infatti che alcuni, dimentichi di essere stati preposti ai fratelli per le loro anime,
                  si  dedicano  con  ogni  sforzo  del  cuore  al  servizio  degli  interessi  secolari,  e  l’essere
                  presenti a questi li fa esultare di gioia, e anche quando sono assenti anelano ad essi,
                  giorno  e  notte,  nell’agitazione  di  un  pensiero  inquieto.  Quando  poi,  forse  per  una
                  interruzione  occasionale,  sono  quieti  da  essi,  questa  stessa  quiete  li  affatica  ancor
                  peggio; infatti giudicano un piacere essere oppressi dall’attività e considerano una fatica
                  non faticare in occupazioni terrestri. Così accade che, mentre godono di essere incalzati
                  da inquietudini mondane, ignorano i beni interiori che avrebbero dovuto insegnare agli
                  altri.  Per  cui  sicuramente  anche  la  vita  dei  sudditi  intorpidisce  poiché,  mentre  essi
                  aspirano al progresso spirituale, inciampano contro l’esempio del superiore come contro
                  un  ostacolo  che  si  trova  lungo  il  cammino.  Infatti  quando  la testa  è  malata  anche  le
                  membra perdono vigore, e nella ricerca del nemico non serve che l’esercito segua con
                  prestezza se la stessa guida del cammino perde la strada. Nessuna esortazione innalza
                  gli animi dei sudditi e nessun rimprovero è castigo efficace contro le loro colpe, poiché
                  sebbene colui che è preposto alle anime eserciti l’ufficio di giudice terreno, la cura del
                  Pastore non è rivolta alla custodia del gregge e i sudditi non possono cogliere la luce
                  della  verità  perché,  quando  interessi  terreni  occupano  i  sensi  del  Pastore,  la  polvere
                  spinta dal vento della tentazione acceca gli occhi della Chiesa. Perciò il Redentore del
                  genere umano, volendoci trattenere dalla ingordigia del ventre, dopo aver detto:  Fate
                  attenzione  che  i  vostri  cuori  non  siano  gravati  dalla  gozzoviglia  e  dall’ubriachezza,
                  subito aggiunse: o nelle preoccupazioni di questa vita; e poi ancora introduce il timore
                  proseguendo con forza: che non vi sopravvenga improvviso quel giorno (Lc. 21, 34). E
                  di quale venuta si tratti lo manifesta dicendo: Verrà infatti come un laccio su tutti coloro
                  che siedono sulla faccia di tutta la terra (Lc. 21, 35). Quindi ancora dice: Nessuno può
                  servire  a  due  padroni  (Lc.  16,  13).  Perciò  Paolo  interdice  le  anime  religiose  dal
                  commercio  col  mondo  dichiarando  o  piuttosto  consigliando  pressantemente:  Nessuno
                  che  militi  per  Dio  si  immischi  in  affari  secolari  per  potere  piacere  a  colui  che  l’ha
                  arruolato (2 Tim. 2, 4). Perciò prescrive alle guide della Chiesa di essere liberi da altri
                  interessi e mostra loro come provvedere quando si tratti di cercare consigli, dicendo:
                  Pertanto, se avrete delle liti riguardo a interessi secolari stabilite come giudici persone
                  da niente nella Chiesa (1 Cor. 6, 4), perché all’amministrazione dei beni terreni servano
                  quelli che sono non dotati di alcun dono spirituale. Come se dicesse apertamente: poiché
                  non sanno penetrare le realtà interiori, operino almeno per le necessità esterne. Perciò
                  Mosè, che parla con Dio (cf. Es. 18, 17-18), viene giudicato dal rimprovero di Ietro, uno
                  straniero, perché serve con una fatica inutile alle faccende terrene del popolo, e riceve
                  subito il consiglio di stabilire altri al posto suo a dirimere le liti, per potere lui stesso più
                  liberamente conoscere i misteri spirituali e insegnarli al popolo. Pertanto tocca ai sudditi
                  svolgere le attività di grado inferiore, e alle guide delle anime meditare le verità somme
                  affinché  il  darsi  cura  della  polvere  non  oscuri  l’occhio  preposto  a  fare  da  guida  nel
                  cammino Infatti, tutti coloro che presiedono sono capo dei sudditi e senza alcun dubbio
                  è il capo che deve provvedere dall’alto a che i piedi siano in grado di percorrere la via
                  diritta e non si intorpidiscano nel procedere del viaggio, quando il corpo si incurva e il
                  capo si piega verso terra. Ma con quale disposizione interiore colui che è preposto alle
                  anime esercita sugli altri la dignità pastorale se lui stesso è preso dalle attività terrene
                  che  dovrebbe  rimproverare  negli  altri?  È  chiaramente  questo  che  il  Signore,  dall’ira
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