Page 28 - La Regola Pastorale
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di più l’amore dei sudditi che la verità; e quando sostenuto dalle sue buone azioni
sembra, estraneo al mondo, il suo amore di sé non lo renda estraneo al Creatore. Infatti è
nemico del Redentore colui che, attraverso le opere giuste che compie, brama di essere
amato dalla Chiesa in luogo di Lui; ed è così reo di pensiero adultero, come il servo per
mezzo del quale lo sposo manda doni alla sposa ed egli brama di piacere agli occhi di
lei. Poiché quando l’amor proprio si impadronisce della guida delle anime, talvolta la
trascina a una mollezza disordinata, talvolta al contrario ad un aspro rigore. Il suo spirito
è portato alla mollezza dall’amor proprio quando, pur vedendo i sudditi peccare, non
trova opportuno castigarli per non indebolire il loro amore verso di lui, e non di rado
accarezza con le adulazioni quegli errori dei sudditi che avrebbe dovuto rimproverare.
Perciò è detto bene, per mezzo del profeta: Guai a coloro che cuciono cuscinetti per
ogni gomito e fanno guanciali per teste di ogni età, per rapire anime (Ez. 13, 18). Porre
cuscinetti sotto ogni gomito è confortare con blanda adulazione le anime che vengono
meno alla propria rettitudine e si ripiegano nei piaceri di questo mondo. Ed è come
accogliere su un cuscino o su un guanciale il gomito o il capo di uno che giace, quando
si sottrae il peccatore alla durezza della punizione e gli si offrono le mollezze del favore,
così che chi non è colpito da alcuna aspra contraddizione giaccia mollemente
nell’errore. E le guide delle anime che amano sé stesse, senza alcun dubbio offrono di
queste cose a coloro che temono gli possano nuocere nella loro ricerca della gloria
mondana. Infatti esse opprimono con l’asprezza di un rimprovero sempre duro e
violento quelli che vedono non avere alcuna forza contro di loro, e non li ammoniscono
mai benignamente ma, dimentiche della mitezza del Pastore li terrorizzano in forza del
loro potere. La parola di Dio li rimprovera giustamente dicendo per mezzo del profeta:
Voi comandavate su di loro con austerità e con prepotenza (Ez. 34, 4). Infatti, amando
più se stessi che il loro Creatore, si ergono contro i sudditi con tracotanza e non
guardano a quello che hanno dovere di fare ma a ciò per cui hanno la forza; senza alcun
timore del giudizio che seguirà, si gloriano sfrontatamente del loro potere temporale
purché possano compiere con ogni licenza anche cose illecite e nessuno dei sudditi li
contraddica. Pertanto, colui che desidera vivere perversamente, e che gli altri tuttavia ne
tacciano, testimonia contro se stesso di desiderare che si ami lui più della verità, che non
vuole venga difesa contro di lui. E non esiste certamente nessuno che viva in questo
modo e, almeno entro un certo ambito, non pecchi. Vuole invece che si ami la verità più
di lui, chi non vuol essere risparmiato da nessuno ai danni della verità. Perciò infatti
Pietro riceve volentieri il rimprovero di Paolo (cf. Gal. 2, 11 ss.); perciò David ascoltò
umilmente la correzione di un suddito (cf. 2 Sam. 11, 7 ss.); poiché le buone guide di
anime non sanno amare se stessi di un amore particolare e considerano un umile
ossequio, da parte dei sudditi, una parola ispirata da una libera purezza d’animo. Ma è
soprattutto necessario che la cura del governo delle anime sia temperata da tanta
sapiente moderazione che i sudditi possano esprimere con libera parola quanto hanno
rettamente avvertito, anche se poi questa libertà non deve essere tale da erompere in
superbia; perché non accada che se si concede ai sudditi una eccessiva libertà di parola,
essi abbiano poi a perdere l’umiltà della vita. Bisogna pure sapere che è opportuno che
le buone guide delle anime desiderino di piacere agli uomini, ma solo per attirare il
prossimo all’amore della verità attraverso la dolcezza della stima che esse ispirano; non
per desiderare di essere amate, ma per fare dell’amore di cui sono oggetto come una via
attraverso la quale introdurre all’amore del Creatore i cuori di coloro che ascoltano.
Poiché è difficile che, per quanto dica la verità, sia ascoltato volentieri, un predicatore
che non è amato. Dunque, chi presiede deve applicarsi a farsi amare per potere essere