Page 23 - La Regola Pastorale
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facciamo da padroni della vostra fede, ma siamo cooperatori della vostra gioia (2 Cor.
1, 23). E aggiunge subito: infatti voi state saldi nella fede (ibid.), come per spiegare
quello che aveva premesso dicendo: Perciò, non facciamo da padroni sulla vostra fede,
perché voi state saldi nella fede; infatti noi siamo uguali a voi in ciò in cui riconosciamo
che restate fermi. Ed era come non considerarsi preposto ai fratelli quando diceva:
Siamo divenuti un bambino piccolo in mezzo a voi (1 Tess. 2, 7); e ancora: E noi vostri
servi per Cristo (2 Cor. 4, 5). Ma quando scopri la colpa che avrebbe dovuto essere
corretta, subito si ricordò di essere maestro, dicendo: Che cosa volete? Devo venire da
voi con la verga? (1 Cor. 4, 21). Colui che presiede regge bene il sommo potere quando
domina sui vizi piuttosto che sui fratelli; ma quando i superiori correggono i sudditi
peccatori è necessario che in virtù del loro potere attendano con sollecitudine a punire le
colpe, per il dovere cui sono tenuti di conservare la disciplina. Tuttavia, per conservare
l’umiltà, si riconoscano nello stesso tempo uguali a quegli stessi fratelli che vengono
corretti da loro, anzi sarebbe spesso cosa degna che nella nostra tacita considerazione
anteponessimo a noi stessi le medesime persone che correggiamo. Infatti i loro vizi
vengono puniti per mezzo nostro col rigore della disciplina, mentre in ciò che noi stessi
commettiamo di male non siamo scalfiti neppure da una parola di rimprovero da parte di
alcuno. Siamo dunque tanto più obbligati presso il Signore quanto più impunemente
pecchiamo presso gli uomini. D’altra parte, la nostra correzione fa tanto più liberi i
sudditi davanti al giudizio divino in quanto Egli non lascia impunite qui le loro colpe.
Così bisogna conservare l’umiltà nel cuore e la disciplina nelle opere. Ma detto questo,
bisogna anche guardare saggiamente che le esigenze del governo non restino vanificate
da una custodia impropria dell’umiltà e se un superiore si abbassa più del conveniente
non possa più trattenere poi la vita dei sudditi sotto il vincolo della disciplina. Dunque,
le guide delle anime restino ferme a quell’atteggiamento esteriore che assumono in vista
dell’utilità degli altri e conservino nell’intimo quella disposizione che le fa temere
grandemente quanto alla stima di sé. Tuttavia i sudditi devono poter percepire, da certi
segni di sobria spontaneità, che esse sono umili e vedere così ciò che devono temere
dalla loro autorità e conoscere ciò che devono imitare della loro umiltà. Pertanto, i
superiori, quanto maggiore appare all’esterno la loro potenza tanto più non cessino di
provvedere a deprimerla interiormente ai propri occhi, evitando che il pensiero ne sia
tutto preso, l’animo sia rapito dal compiacimento di sé e non sia più in grado di tenere
sottomessa quella potenza, alla quale si sottomette per libidine di dominio. Infatti,
affinché l’animo del superiore non venga rapito dal compiacimento del suo potere fino
all’esaltazione, un sapiente ha giustamente detto: Ti hanno stabilito guida, non ti
esaltare ma sii tra di loro come uno di loro (Sir. 32, 1). Perciò anche Pietro dice: Non
come padroni delle persone a voi toccate in sorte, ma fatti a forma del gregge (1 Pt. 5,
3). Perciò la Verità stessa invitandoci ai più alti meriti della virtù dice: Sapete che i capi
delle nazioni le dominano e i grandi esercitano il potere su di loro. Non così sarà tra
voi, ma chiunque vorrà essere maggiore fra voi sarà vostro servo, e chi vorrà essere
primo tra voi sarà vostro schiavo, come il Figlio dell’uomo non è venuto a essere
servito ma a servire (Mt. 20, 25). Di qui il senso delle parole che si riferiscono a quel
servo esaltato per il potere ricevuto, ma poi lo attenderanno i supplizi: Che se quel servo
malvagio dirà in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire; e incomincerà a battere i suoi
conservi e mangerà e berrà con gli ubriachi; verrà il padrone di quel servo nel giorno
in cui non l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo separerà e la sua parte sarà con gli
ipocriti (Mt. 24, 48 ss.). Ed è giustamente considerato ipocrita colui che col pretesto
della disciplina muta il ministero del governo in esercizio di dominio. E tuttavia spesso