Page 12 - La Regola Pastorale
P. 12
perdono per gli altri uno che non sa se egli è placato verso di lui? A questo proposito,
un’altra cosa occorre temere con maggiore sollecitudine, cioè che colui che si crede
possa placare l’ira, non la meriti a sua volta a causa del proprio peccato. Giacché
sappiamo tutti molto bene che se chi viene mandato a intercedere è già sgradito per se
stesso, l’animo di chi è irato viene provocato a cose peggiori. Pertanto, chi è ancora
stretto dai desideri terreni veda di non accendere più gravemente l’ira del Giudice
severo e mentre gode del suo luogo di gloria, non divenga autore di rovina per i sudditi.
11 — Com’è colui che non deve accostarsi al ministero
Ciascuno dunque misuri saggiamente se stesso, perché non osi assumere la funzione di
governo a sua condanna se in lui regna ancora il vizio; e non aspiri a divenire
intercessore per le colpe degli altri colui in cui permane la depravazione del suo
peccato. Perciò viene detto a Mosè dalla voce celeste: Parla ad Aronne: chiunque
appartenente a famiglie della tua discendenza avrà un difetto, non offrirà pani al
Signore Dio suo né si accosterà per servirlo (Lev. 21, 17). Poi prosegue
immediatamente: Se sarà cieco, zoppo, col naso troppo piccolo o troppo grande e
storto, con una frattura a un piede o a una mano, sia gobbo o cisposo, con albugine
nell’occhio, la scabbia, l’erpete nel corpo, l’ernia (Lev. 21, 18). È cieco chi non
conosce la luce della contemplazione celeste, e avvolto dalle tenebre della vita presente,
incapace di guardare con amore alla luce che deve venire, non sa dove dirigere i passi
del suo operare. Perciò è detto nella profezia di Anna: Custodirà i passi dei suoi santi, e
gli empi taceranno nelle tenebre (1 Sam. 2, 9). Zoppo, invece, è colui che vede con
certezza dove deve dirigersi, ma per debolezza d’animo non sa mantenersi
perfettamente sulla via della vita, che pure vede; e ciò perché i passi del suo operare non
seguono efficacemente gli sforzi del suo desiderio, là dove esso mira, cioè a una
condizione virtuosa a cui non sa innalzarsi la sua molle consuetudine di vita. Perciò
infatti Paolo dice: Rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia infiacchite e raddrizzate le
vie per i vostri passi, perché qualcuno zoppicando non erri ma piuttosto sia guarito (cf.
Ebr. 12, 12-13). Ha il naso piccolo colui che non è adatto a osservare la misura della
discrezione. In effetti, col naso distinguiamo odori gradevoli e sgradevoli, dunque è
giusto rappresentare col naso la discrezione con la quale scegliamo le virtù e riproviamo
i peccati. È perciò che si dice, in lode della sposa: Il tuo naso è come torre sul Libano
(Cant. 7, 4), poiché è evidentemente con la discrezione che la Santa Chiesa scorge quali
tentazioni procedono da singole cause e, come chi osserva dall’alto, riconosce le guerre
dei vizi che stanno per sopravvenire. Ma ci sono alcuni che per non essere stimati
troppo poco intelligenti si impegnano spesso più del necessario in certe analisi ricercate
in cui poi falliscono per l’eccessiva sottigliezza. Perciò è detto anche: o col naso grande
e storto. Questo infatti rappresenta la sottigliezza eccessiva del discernimento che, per
essere cresciuto oltre il conveniente, confonde da se stesso il retto procedere della sua
attività. Ha il piede o la mano fratturata colui che non sa percorrere in alcun modo la via
di Dio ed è completamente escluso dalle buone opere, perché non ne partecipa neppure
imperfettamente come lo zoppo, ma è del tutto estraneo ad esse. Gobbo, poi, è colui cui
il peso delle sollecitudini terrene fa abbassare il capo affinché non si volga mai a
guardare verso l’alto, ma sia attento solamente a ciò che viene calpestato nei luoghi più
bassi. E se qualche volta gli avviene di sentire parlare dei beni della patria celeste,
gravato com’è dal peso di una consuetudine perversa, non volge ad essi gli occhi del
cuore, poiché colui che è tenuto curvo a terra dalla consuetudine delle cure terrene, non