Page 10 - La Regola Pastorale
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Occorre  però  che  il  vescovo  sia  irreprensibile  (1  Tim.  3,  2);  e  continuando  poi  a
                  enumerare  le  virtù  necessarie,  chiarisce  in  che  cosa  consiste  questa  irreprensibilità.
                  Incoraggia  quanto  al  desiderio,  ma  incute  timore  col  precetto  come  se  dicesse
                  apertamente: Lodo ciò che voi cercate, ma prima imparate bene che cos’è che cercate,
                  perché se trascurate di misurare voi stessi, la vostra consapevolezza non appaia tanto più
                  disonorevole, in quanto ha fretta di mostrarsi a tutti rivestita della dignità episcopale.
                  Così,  colui  che  fu  grande  maestro  del  ministero  pastorale,  da  un  lato  spinge  i  suoi
                  ascoltatori e incoraggia, dall’altro li trattiene col timore, per difenderli dalla superbia,
                  con la descrizione della perfetta irreprensibilità, e per disporli alla vita che li attende
                  lodando l’ufficio da loro richiesto. È da notare però che egli parlava così in un tempo in
                  cui chiunque fosse a capo del popolo veniva condotto per primo ai supplizi del martirio.
                  Allora sì era cosa lodevole aspirare all’episcopato, quando si sapeva con certezza che
                  attraverso di esso si sarebbe giunti alle più gravi torture. Anche per questo il ministero
                  dell’episcopato  viene  definito  con  l’espressione  buon  ufficio,  quando  è  detto:  Se
                  qualcuno desidera l’episcopato, desidera un buon ufficio (1 Tim. 3, 1). Pertanto, colui
                  che cerca l’episcopato per la gloria di quell’onore e non per il buon ufficio di questo
                  ministero, testimonia da sé, per se stesso, che non è l’episcopato ciò a cui egli aspira. In
                  effetti, non solo egli non ama affatto l’ufficio sacro, ma non sa neppure che cosa sia, lui
                  che anelando alla massima dignità del governo pastorale, nei pensieri nascosti della sua
                  mente si pasce della sottomissione altrui, gode della lode rivolta a sé, esalta il suo cuore
                  al pensiero dell’onore, esulta per l’abbondanza dei beni affluenti da ogni parte. Così si
                  cerca il guadagno del mondo, proprio sotto l’apparenza di quella dignità attraverso la
                  quale i guadagni del mondo si sarebbero dovuti distruggere. E quando la mente medita
                  di  impadronirsi  del  sommo  grado  dell’umiltà  avendo  di  mira  la  propria  esaltazione,
                  muta e deforma nell’intimo ciò a cui aspira esteriormente.

                  9 — La mente di coloro che vogliono dominare spesso si lusinga con il finto proposito
                  di compiere opere buone

                  Ma per lo più coloro che bramano di ricevere il magistero pastorale si pongono in animo
                  anche il proposito di qualche opera buona, e quantunque nella loro aspirazione a quel
                  magistero  abbiano  di  mira  la  propria  esaltazione,  tuttavia  considerano  a  lungo  col
                  pensiero le grandi cose che faranno e avviene che in essi tutt’altra cosa è ciò che la loro
                  intenzione soffoca nel profondo, da ciò che la considerazione superficiale rappresenta al
                  loro animo. Infatti, non di rado il pensiero mente a se stesso riguardo a sé e si immagina
                  — quanto al bene operare — di amare ciò che di fatto non ama, e — quanto alla gloria
                  del mondo — di non amare ciò che ama. E bramando il potere del primato, mentre lo
                  cerca  diviene  timoroso  verso  di  esso,  ma  quando  l’ha  ottenuto  si  fa  audace.  Infatti,
                  finché è proteso ad esso, trepida di non arrivarci, ma una volta arrivato, immediatamente
                  giudica che quanto ha ottenuto gli fosse dovuto di pieno diritto. E quando incomincia a
                  godere  mondanamente  del  primato  ottenuto,  si  dimentica  volentieri  di  tutto  quanto
                  aveva  meditato  di  compiere  con  spirito  religioso.  Perciò  è  necessario  che  quando
                  l’immaginazione  va  oltre  i  limiti  di  ciò  che  è  praticamente  realizzabile,  subito
                  l’attenzione  della  mente  sia  richiamata  alle  opere  compiute  in  precedenza,  perché
                  ciascuno  valuti  quanto  è  stato  capace  di  compiere  da  suddito  e  così  si  renda
                  immediatamente conto se può, come prelato, compiere le opere buone che si è proposto.
                  Perché colui che stando all’ultimo posto non ha cessato di insuperbire non è per nulla in
                  grado di apprendere l’umiltà quando sia salito al luogo più alto. Non sa fuggire la lode
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