Page 11 - La Regola Pastorale
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che gli viene ampiamente tributata, colui che ha imparato a bramarla quando ne era
privo. Né può vincere la cupidigia colui che si dispone a provvedere a molti, mentre
prima per sé solo non gli bastavano i propri beni. Pertanto ciascuno scopra se stesso
dall’esame della sua vita passata perché nella sua brama di potere l’immaginazione non
lo illuda. Del resto, per lo più al posto di governo si perde perfino l’uso del bene operare
che si osservava in una vita tranquilla, giacché sul mare calmo anche un inesperto sa
guidare diritta una nave, ma se il mare è mosso da ondate tempestose anche un marinaio
esperto ci si trova in difficoltà. E che cosa è il culmine del potere se non una tempesta
per la mente? In essa la navicella del cuore è agitata dal fluttuare dei pensieri, spinta
incessantemente qua e là fino ad infrangersi per gli improvvisi eccessi nel parlare e
nell’agire, come contro degli scogli. E così tra questi frangenti, quale via occorre
seguire e quale linea tenere se non questa: che chi è ricco di virtù venga costretto ad
accedere al governo delle anime, e chi è privo di virtù sia costretto a non accostarvisi?
Se il primo resiste in modo assoluto, veda di non dover essere giudicato come colui che
ha nascosto il denaro ricevuto dopo averlo avvolto in un fazzoletto (cf. Lc. 19, 20).
Perché avvolgere il denaro nel fazzoletto significa nascondere i doni ricevuti, nell’ozio
di una molle rilassatezza. D’altra parte, chi brama il governo delle anime badi che
attraverso l’esempio di un agire perverso non si trovi ad essere di inciampo per coloro
che vogliono entrare nel Regno; alla maniera dei farisei, i quali — secondo la parola del
Maestro — non ci entrano loro né permettono che ci entrino gli altri (cf. Mt. 23, 13).
Costui deve poi anche considerare che, quando il presule eletto assume la cura del
popolo, è come un medico che si accosta ad un malato. Dunque, se nel suo agire sono
ancora vive le passioni, con quale presunzione si affretta a medicare chi è stato
percosso, colui che porta la propria ferita sul volto?
10 — Come deve essere chi si accosta al governo delle anime
Pertanto, in tutti i modi deve essere trascinato, a divenire esempio di vita, colui che
morendo a tutte le passioni della carne vive ormai spiritualmente; ha posposto a tutto il
successo mondano; non teme alcuna avversità; desidera solamente i beni interiori.
Pienamente conformi alla sua intima disposizione, non lo contrastano né il corpo con la
sua debolezza né lo spirito col suo orgoglio. Egli non è condotto a desiderare i beni
altrui, ma è largo dei propri. Per le sue viscere di misericordia si piega ben presto al
perdono ma non deflette dalla più alta rettitudine, passando sopra più di quanto
conviene. Non commette nulla di illecito, ma piange come proprio il male commesso
dagli altri. Compatisce la debolezza altrui con tutto l’affetto del cuore, gioisce dei beni
del prossimo come di successi suoi. In tutto ciò che fa si mostra imitabile agli altri, così
che con loro non gli avviene di dover arrossire nemmeno per fatti passati. Si studia di
vivere in modo tale da essere in grado di irrigare, con le acque della dottrina, gli aridi
cuori del suo prossimo. Attraverso la pratica della preghiera, ha imparato per esperienza
che può ottenere da Dio ciò che chiede, lui cui in modo speciale è detto dalla parola
profetica: Mentre ancora tu parli, io dirò: Eccomi, sono qui (Is. 58, 9). Infatti, se
venisse qualcuno a prenderci per condurci come suoi intercessori presso un potente
adirato con lui e che, per altro, non conosciamo, noi risponderemmo subito: non
possiamo venire ad intercedere perché non sappiamo niente di lui. Dunque, se un uomo
si vergogna di farsi intercessore presso un altro uomo che non conosce, con quale animo
può attribuirsi la funzione di intercedere per il popolo presso Dio, chi non sa di godere
la familiarità della sua grazia con la sua condotta di vita? O come può chiedergli