Page 41 - La Preghiera
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lo avversa con la vita di tutta la carne – espressione equivalente per indicare la parte che in noi
domina, chiamata cuore – (qualunque sia la lotta di quanti sono tentati in umane tentazioni);
oppure lottiamo come atleti provetti e temprati che ormai non hanno più guerra con il sangue e
la carne, né sono provati in umane tentazioni ormai messe sotto i piedi; i nostri combattimenti
sono «contro i principati, contro le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebre,
contro le forze spirituali della malvagità»; orbene, non sfuggiamo alla tentazione.
Dio c’entra nella tentazione?
3. Che significa dunque il comando del Salvatore di pregare a non indurci in tentazione, dal
momento che Dio stesso quasi ci tenta? Dice infatti Giuditta, rivolgendosi non soltanto agli
anziani del suo popolo, ma a tutti quelli che avrebbero letto queste parole: «Ricordatevi di
quanto operò con Abramo e quanto tentò Isacco e tutto quello che accadde a Giacobbe che
pasceva in Mesopotamia di Siria il gregge di Laban, fratello di sua madre; poiché non come
purificò costoro per provare il loro cuore, Colui – il Signore – che flagella per emendarli quelli
che gli si avvicinano, castigherà anche noi». Anche Davide, quando dice: «Molte sono le
afflizioni dei giusti», conferma che questo è vero per tutti i giusti. L’Apostolo, a sua volta, negli
Atti dice «perché attraverso molte tribolazioni dobbiamo entrare nel regno di Dio».
Anche gli Apostoli furono tentati
4. E se non afferriamo il significato, che sfugge ai più, del pregare per non cadere in tentazione,
dobbiamo dire che gli Apostoli non erano ascoltati nella loro preghiera, poiché soffrirono
innumerevoli mali in tutta la loro vita, «in molti maggiori travagli, in più numerose battiture, in
prigione oltre misura, spesso nella morte». E personalmente Paolo «ricevette dai Giudei cinque
volte quaranta colpi meno uno, tre volte fu battuto con le verghe, una volta fu lapidato, tre volte
fece naufragio, una notte ed un giorno passò in alto mare», uomo «tribolato in tutti i modi,
esitante, perseguitato, atterrato» e che confessa «fino a questo momento abbiamo fame e sete,
siamo ignudi e siamo schiaffeggiati, non abbiamo stabile dimora e ci affatichiamo lavorando
con le nostre proprie mani; ingiuriati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; diffamati,
esortiamo». Ora, non avendo gli Apostoli ottenuto esaudimento nella preghiera, uno che sia da
meno, quale speranza ha, pregando, di essere ascoltato da Dio?
La tentazione è sempre in agguato
5. È scritto inoltre nel Salmo 25: «Provami, o Signore, e tentami; passa al fuoco i miei reni e il
mio cuore». Ora, uno che non penetri nell’intenzione del Salvatore allorché invita a pregare,
penserà che contrasti con quanto il nostro Signore insegnò sulla preghiera. Ma quanto mai uno
ha pensato che gli uomini fossero senza tentazione, dopo averne fino in fondo compreso il
motivo? E c’è forse un momento in cui si è pensato di non combattere contro il peccato? È
povero quell’uomo? Stia attento «che non rubi e non spergiuri il nome di Dio». È ricco? Non
disprezzi: può infatti «pur essendo pieno, diventare menzognero» e nella sua superbia dire:
«Chi mi vede?». Nemmeno Paolo «ricco di ogni dono di parole e di ogni conoscenza» è esente
dal pericolo di peccare d’orgoglio per questi doni; ha bisogno anzi del pungiglione di Satana
che lo schiaffeggia affinché non si insuperbisca. Anche se uno si riconosca perfetto ed eviti i
mali, sappia ciò che è detto nel secondo libro dei Paralipomeni, a proposito di Ezechia: che
cadde dalla vetta del suo cuore superbo.
Ricchi e poveri sono accomunati nella tentazione
6. Poiché non molto abbiamo detto del povero, se uno pensa che non esista tentazione nella
povertà, sappia che l’insidiatore s’aggira «per abbattere il povero e il misero» e soprattutto
perché, secondo Salomone, «il povero non sostiene la minaccia». Che bisogno c’è inoltre di
ricordare i molti che a causa delle ricchezze materiali non bene amministrate hanno avuto lo
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