Page 36 - La Preghiera
P. 36
se non c’è contraddizione nel fatto che, sussistendo nella sostanza il Figlio di Dio e pure il suo
Avversario, uno di essi diventi cibo del tale o del tal altro uomo, perché esitare ad ammettere
che ciascuno di noi può almeno tra tutte le potenze migliori o peggiori ed anche tra gli uomini,
cibarsi di tutto questo? Pietro, mentre voleva unirsi al centurione Cornelio ed a quanti si erano
raccolti con lui a Cesarea, per partecipare alle genti la Parola di Dio, vede «un recipiente calato
per le quattro estremità giù dal cielo, in cui era ogni genere di quadrupedi, di rettili, e fiere della
terra»; quand’ecco gli venne comandato di alzarsi per ucciderli e cibarsene. «Tu sai – disse dopo
aver rifiutato – che mai nulla di comune o immondo entrò nella mia bocca», ammonito così a
non chiamar nessun uomo comune o immondo perché ciò che era stato purificato da Dio non
doveva Pietro ritenerlo comune. Dice infatti il testo: «Le cose che Dio ha purificato non farle tu
immonde». Dunque il cibo puro e quello impuro, distinti secondo la legge di Mosè con i nomi
di parecchi animali posti in relazione coi diversi costumi degli esseri razionali, ci dicono che
alcuni cibi sono nutrienti, altri hanno virtù contrarie, finché dopo averli purificati tutti o almeno
alcuni di ogni singola specie, Dio non li renda nutrienti.
L’oggi anticipa il domani dei secoli futuri
13. E stando così le cose, e talmente grande essendo la diversità degli alimenti, uno solo è al di
sopra di tutti quelli nominati: il pane supersostanziale, per cui si deve pregare onde divenirne
degni e, nutriti dal Verbo divino che in principio era presso Dio, diventare Dio. Dirà qualcuno
che epioúsios è formato da epiénai (sopraggiungere), cosicché noi siamo invitati a chiedere il pane
adatto al secolo che verrà affinché Dio, anticipandolo, già ce lo dia, in modo da elargirci ciò che
ci sarà dato in un domani, interpretando «oggi» come il secolo presente, «domani», quello
venturo. Ma essendo migliore, almeno a parere mio, la prima accezione, esaminiamo il
significato di sémeron del testo di Matteo, o del kath’heméran scritto in Luca. È un uso comune
nelle Scritture quello di «oggi» per dire «ogni secolo»; per esempio: «Questi è il padre dei
Moabiti che durano fino al giorno d’oggi» e: «Questi è il padre degli Ammoniti che durano fino
al giorno d’oggi»; e ancora: «E questa voce si è divulgata tra i Giudei fino al dì d’oggi». Anche
nei Salmi: «Oggi se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori». In Giosuè poi è detto in modo
esplicito: «Non staccatevi dal Signore nei giorni presenti». Se dunque «oggi» significa «tutto
questo secolo», forse «ieri» è il «secolo passato»; così abbiamo congetturato su quanto è scritto
nei Salmi e nella lettera agli Ebrei di Paolo. Nei Salmi: «Mille anni agli occhi vostri sono come il
giorno di ieri che è passato» Cristo ieri ed oggi: Egli è anche nei secoli». Non c’è da
meravigliarsi se per Dio un intero secolo equivale alla durata di un solo nostro giorno, credo
anzi anche di meno.
Le feste ebraiche, simboli di feste eterne
14. Bisogna inoltre considerare se quanto si dice delle feste o delle assemblee descritte per giorni
o mesi o stagioni o anni si riferisce a secoli. Se infatti la legge «ha un’ombra delle cose che
verranno» necessariamente i molti sabati sono l’ombra di molti giorni e le lunazioni sono poste
ad intervalli di tempo, effettuate da non so quale luna in congiunzione con un certo sole. E se il
primo mese ed il decimo giorno di esso fino al quattordicesimo, e la festa degli azzimi che va
dal quattordicesimo al ventunesimo racchiudono l’ombra di cose che verranno, chi è sapiente e
amico di Dio al punto da vedervi il primo dei molti mesi ed il suo decimo giorno, ecc.? Che
bisogno c’è di parlare della festa delle sette settimane di giorni e del settimo mese il cui
novilunio è il giorno delle trombe, e il decimo quello della propiziazione, essendo tutte note a
Dio solo che le ha stabilite? E chi si addentrò nella mente di Cristo al punto da comprendere i
sette anni della libertà dei servi degli Ebrei e della remissione dei debiti e del divieto di coltivare
la terra santa? E v’è ogni sette anni una festa detta Giubileo; figurarsela fino ad un certo punto
un po’ profondamente o le leggi che in essa veramente si saranno compiute non è possibile a
nessuno se non a chi abbia scrutato il disegno del Padre sulla disposizione di tutti i secoli
secondo i suoi ininvestigabili giudizi e le sue impercorribili vie.
34