Page 35 - La Preghiera
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pane dato per il nutrimento del corpo si cambia nella sostanza di colui che se ne ciba; così il
                  Pane vivo e disceso dal cielo, dato alla mente e all’anima, renda partecipe del proprio vigore chi
                  si è dato per essere nutrito. Così sarà il pane supersostanziale che noi chiediamo. E inoltre, a
                  quel modo che chi si nutre è più o meno in forze a seconda della qualità del cibo, se solido e
                  fatto  per  gli  atleti  o  a  base  di  latte  e  di  verdure,  così  è  per  la  Parola  di  Dio:  sia  che  venga
                  somministrata come latte adatto ai fanciullini o come verdura fatta per i deboli o come carne
                  opportuna  per  chi  lotta,  ciascuno  di  coloro  che  si  nutrono,  in  proporzione  con  cui  si  sono
                  disposti nei confronti del Verbo, acquista un multiforme potere, questo o quel carattere. C’è poi
                  un cibo che è ritenuto tale, ma è nocivo; un altro che è velenoso ed un terzo che non si può
                  prendere; tutto questo va riferito anche alla varietà delle dottrine che si credono portatrici di
                  nutrimento. Pane supersostanziale è dunque quello adattissimo alla natura razionale ed affine
                  alla stessa sostanza, recante salute e vigore e forza all’anima e rendendo partecipe della propria
                  immortalità – immortale è infatti il Verbo di Dio – chi se ne ciba.

                  Cibo per gli angeli

                  10. Questo pane supersostanziale mi pare che venga chiamato nella Scrittura con altro nome
                  «albero di vita», per cui chi «avrà allungato la mano e ne avrà preso, vivrà in eterno». E con un
                  terzo nome tale legno è detto «sapienza di Dio» da Salomone con queste parole: «Legno di vita
                  per chi l’abbraccia e sicuro per quelli che vi si appoggiano come al Signore». E poiché anche gli
                  angeli  si  nutrono  della  sapienza  di  Dio,  divenuti  capaci,  in  virtù  della  contemplazione  della
                  sapienza secondo verità, ad assolvere la loro particolare missione, si legge nei Salmi che anche
                  gli angeli se ne nutrono e con gli angeli hanno parte gli uomini di Dio, detti Ebrei, e siedono
                  quasi allo stesso banchetto. Questo è il significato del versetto: «L’uomo si cibò del pane degli
                  angeli».  E  non  sia  così  meschina  la  nostra  mente  a  credere  che  gli  angeli  abbiano  sempre  a
                  nutrirsi – e con gli angeli partecipino gli uomini – di un pane materiale, quello di cui si narra
                  che discese dal cielo su coloro che  sono  usciti dall’Egitto, e  nemmeno credere  che quel pane
                  fosse lo stesso che mangiarono gli Ebrei insieme agli angeli, che sono spiriti ministri di Dio.

                  Un nutrimento comune agli angeli e ai santi

                  11.  Mentre  cerchiamo  un  significato  di  quel  «pane  supersostanziale»,  di  quell’«albero  della
                  vita», di quella «sapienza di Dio», e del nutrimento comune agli uomini santi e agli angeli, non
                  è inopportuno che citiamo anche quanto  è scritto nel Genesi:  «tre uomini si presentarono ad
                  Abramo  e  mangiarono  di  tre  misure  di  fior  di  farina  impastata  per  fare  i  pani  cotti  sotto  la
                  cenere»; questo è detto in senso scopertamente figurativo, potendo i santi far parte talora del
                  cibo  spirituale  e  razionale  non  soltanto  agli  uomini,  ma  anche  alle  potenze  divine,
                  indubbiamente  o  per  giovare  loro  o  per  mostrare  ciò  che  poterono  procacciarsi  a  loro
                  nutrimento. Gli angeli godono e si pascono di questa dimostrazione e diventano più zelanti a
                  recare in ogni  modo aiuto per il futuro e far sì che acquisti migliore e  maggiore intelligenza
                  delle cose colui che già prima era fornito di quella dottrina che è cibo e di cui godeva, per così
                  dire, con il nutrirsene. Non dobbiamo meravigliarci se l’uomo nutre gli angeli, quando proprio
                  anche Cristo confessa di stare davanti alla porta a bussare, affinché entrato in casa di colui che
                  gli ha aperto, insieme banchetti delle sue cose per dare Lui in seguito delle proprie sostanze a
                  chi per primo ha nutrito, come gli permettevano le sue possibilità, il Figlio di Dio.

                  Il cibo malsano di Satana

                  12. Chi dunque, partecipando del pane supersostanziale, rafforza il cuore, diventa figlio di Dio;
                  colui invece che si pasce del serpente, non è diverso dall’Etiope spirituale, ed è mutato lui stesso
                  in serpente a causa dei lacci dell’animale; udirà così il rimprovero del Verbo anche se dice di
                  voler essere battezzato: «Serpenti, razza di vipere, chi vi insegnò a fuggire dall’ira che verrà?».
                  Davide così parla del corpo del serpente divorato dagli Etiopi: «Tu spezzasti il capo ai mostri
                  marini sulle acque. Tu spezzasti il capo del serpente e lo desti in pasto al popolo degli Etiopi». E




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