Page 30 - La Preghiera
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2. Ma dirà qualcuno, di fronte ad ambedue le espressioni: «sia santificato il tuo nome» e «venga
il tuo regno», che, se chi prega lo fa per essere ascoltato e una qualche volta viene esaudito,
quando per lui sarà santificato (abbiamo spiegato come) il nome di Dio, verrà per lui allora
anche il regno di Dio. E se questo otterrà, perché converrà ancora pregare per le cose che già ci
sono, come se non ci fossero ancora, dicendo: «Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno»?
In questo caso, non dovrebbe più qualche volta dire: «Sia santificato il tuo nome, venga il tuo
regno». La risposta è questa. Chi prega per ottenere il discorso della scienza e della sapienza,
giustamente pregherà sempre per questi doni, anche se avrà percepito, per esser stato esaudito,
più principi di sapienza e di scienza, conoscendo anche solo in parte quanto potrebbe ora
possedere, mentre si manifesterà il perfetto abolendo quello che è in parte allorquando la mente
si fisserà a faccia a faccia senza ostacolo dei sensi nelle cose spirituali. Allo stesso modo, per
ciascuno di noi non è possibile che sia completamente santificato il nome di Dio né che si
stabilisca interamente il suo regno, se non venga anche Colui che è perfetto di scienza e di
sapienza, e forse lo è pure delle altre virtù. Ora, noi ci mettiamo in cammino verso la perfezione
se, protendendoci «verso quelle cose che stanno dinanzi», dimentichiamo «quelle che stanno
dietro».
Un regno che esclude il peccato
3. Inoltre sul regno di Dio bisogna dire ancora che come non c’è «comunanza tra la giustizia e
l’iniquità» né «comunione tra la luce e le tenebre» né «armonia tra Cristo e Belial», così non può
coesistere il regno del peccato con il regno di Dio. Se dunque vogliamo esser sudditi di Dio
«non regni affatto il peccato nel nostro corpo mortale», né prestiamo ascolto agli inviti del
peccato che chiama la nostra anima alle opere della carne e alle cose non di Dio; ma, facendo
morire «le membra che sono sulla terra», portiamo i frutti dello Spirito, affinché, quasi in un
paradiso spirituale, il Signore passeggi in noi e regni su di noi unicamente con il suo Cristo
sedendo alla destra della potenza spirituale che noi preghiamo di ottenere, e rimanendovi
finché tutti i nemici che portiamo in noi diventino «sgabello dei suoi piedi» e renda vano in noi
ogni dominio e potenza e forza. Tutto ciò può avverarsi per ciascuno di noi ed essere annullato
«l’ultimo nemico, la morte», perché anche di noi dica Cristo: «Dov’è il tuo pungiglione, morte?
Dove, o inferno, la tua vittoria?». Quindi la nostra «corruzione» si rivesta ormai della santità e
«incorruttibilità» in castità e completa purità; la nostra «mortalità» si circondi della
«immortalità» del Padre, annientata che sarà la morte, cosicché noi, sotto il governo di Dio, ci
troviamo senz’altro tra i tesori di rigenerazione e di risurrezione.
CAPITOLO XXVI
Diventare come quelli del cielo
1. «Sia fatta la tua volontà come nel cielo anche sulla terra». Luca dopo «Venga il tuo regno»,
tacendo il resto, continua: «il pane nostro supersostanziale dà a noi ogni giorno». Perciò
l’espressione da noi riportata, trovandosi solo in Matteo, l’esaminiamo dopo quelle che l’hanno
preceduta. Poiché ci troviamo, noi che si prega, ancora sulla terra, comprendendo che in cielo si
fa la volontà di Dio da parte di tutti i celesti abitanti, preghiamo che anche noi, essendo della
terra, facciamo in tutto la volontà di Dio: il che avverrà se nulla operiamo contro la sua volontà.
Ora, come in cielo c’è la volontà di Dio, si compia anche per noi sulla terra; divenuti simili a
quelli del cielo, poiché a somiglianza di quelli portiamo l’immagine del Celeste, erediteremo il
regno dei cieli. E quelli che saranno dopo di noi in terra, pregheranno di diventare simili a noi
che ormai saremo del cielo.
Significato esteso alle altre petizioni
2. Si potrebbe interpretare la parte riportata soltanto da Matteo: «come in cielo anche sulla
terra» come sottintesa nelle precedenti petizioni, onde ci verrebbe comandato di dire così,
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