Page 29 - La Preghiera
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4. Chi prega deve pensare a queste cose e chiede che sia santificato il nome di Dio; per questo si
                  canta  nei  Salmi:  «Esaltiamo  il  suo  nome  tutti  insieme».  Ordina  il  profeta  di  raggiungere  in
                  perfetta armonia della mente e del pensiero la vera ed eccelsa conoscenza dell’essenza di Dio.
                  Questo  significa  infatti  esaltare  il  nome  di  Dio  insieme,  quando  uno  che  ha  partecipato
                  all’effluvio della divinità con l’essere stato accolto da Dio, ed avendo signoreggiato sui nemici
                  che non possono più rallegrarsi della sua rovina, esalta quella potenza di Dio della quale fu
                  partecipe; questo concetto è espresso nel Salmo 29 colle parole: «Ti esalterò, o Signore, perché
                  mi hai tratto in alto e non hai permesso che i miei nemici si rallegrassero di me». Esalta inoltre
                  Dio colui che dedica un’abitazione in se stesso, come mostra anche la dedica del Salmo citato:
                  «Salmo del Cantico per la inaugurazione della casa di Davide».

                  Una polemica sull’imperativo

                  5. Inoltre, a proposito del «sia santificato il tuo nome» e sull’uso degli altri imperativi, occorre
                  dire che gli interpreti usano costantemente l’imperativo invece dell’ottativo, come si vede nei
                  Salmi:  «Ammutoliscano  le  labbra  bugiarde  che  dicono  insolenze  contro  il  giusto».
                  «Ammutoliscano» invece di “oh, se ammutolissero!” e «L’usuraio vada in cerca di tutti i suoi
                  beni  e  non  vi  sia  chi  l’aiuti»  detto  a  proposito  di  Giuda  nel  Salmo  108,  che  è  tutto  una
                  invocazione  per  Giuda  perché  mali  simili  tocchino  a  lui.  Non  avendo  Taziano  compreso
                  quell’«ammutoliscano»  che  non  sempre  indica  un  ottativo,  ma  talora  ha  la  forza  di  un
                  imperativo, avanzò le più empie congetture su quella parola di Dio: «Sia fatta la luce», quasi che
                  Egli avesse desiderato più che comandato che fosse fatta la luce; perché – dice lui con empio
                  sentimento  –  Dio  era  nella  tenebra.  Gli  si  deve  rispondere,  chiedendo  come  interprete  allora
                  anche queste parole: «Germini la terra erba del pascolo» e «si raduni l’acqua sotto il cielo» e
                  «Producano le acque rettili animati e viventi» e «Produca la terra animali viventi». Per potersi
                  reggere solidamente, Dio prega che si raduni in un solo luogo l’acqua posta sotto il cielo? O per
                  partecipare  di  ciò  che  la  terra  germina,  prega:  «Germini  la  terra»?  Che  bisogno  poi  aveva,
                  analogamente a quello della luce, degli acquatici, dei volatili, dei terrestri, da pregare anche per
                  questi? E se anche per Taziano è assurdo che Dio pregasse per queste cose, enunciate in termini
                  imperativi, perché  alla stessa guisa non  si deve  intendere  quel:  «Sia fatta la luce», detto non
                  esortativamente ma imperativamente? Mi è parso necessario, dal momento che la preghiera è
                  detta in tono imperativo, ricordare le false interpretazioni di Taziano, per coloro che vengono
                  ingannati e che hanno accolto la sua empia teoria. Anche noi una volta le abbiamo provate.

                                                     CAPITOLO XXV

                  Un regno tutto interiore

                  1. «Venga il tuo regno». «Se il regno di Dio», secondo il detto del Signore e Salvatore nostro,
                  «non viene con apparato, né diranno – Eccolo qui o eccola là», ma «il regno di Dio è dentro» di
                  noi; «vicina è infatti la parola, molto vicina, nella nostra bocca e nel nostro cuore» dimora presso
                  di lui». E credo si intenda per regno di Dio una condizione di beatitudine dell’anima superiore e
                  l’ordine  dei  saggi  pensieri,  e  per  regno  di  Cristo  si  intendano  i  discorsi  a  salvezza  di  chi  li
                  ascolta, e le perfette opere di giustizia e delle altre virtù: parola e giustizia è anche il Figlio di
                  Dio. In ogni peccatore spadroneggia invece il principe di questo secolo, poiché ogni peccatore è
                  dominato dal presente secolo malvagio, in quanto non si dà «a colui che ha dato se stesso per i
                  nostri peccati al fine di strapparci al presente secolo malvagio, secondo la volontà del nostro
                  Dio e Padre» Ora, colui che è tiranneggiato dal principe di questo secolo è pure in dominio del
                  peccato, dal momento che vuole peccare; onde Paolo comanda di non essere più sottomessi al
                  peccato che vuole regnare su noi: «Non regni dunque il peccato nel nostro corpo mortale per
                  ubbidire alle sue concupiscenze».

                  Un regno sempre perfettibile





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