Page 46 - La Preghiera
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1.  Con  la  domanda:  «Non  ci  indurre  in  tentazione»  Luca  sembra  a  ragione  avere  insegnato
                  anche questa: «E liberaci dal maligno». Con tutta verosimiglianza il Signore con il discepolo, già
                  progredito, usò una forma più compendiosa, mentre per la moltitudine, che aveva bisogno di
                  istruzione più lineare, usò una forma più aperta, Dio ci libera dal maligno, non perché il nemico
                  non ci assalga in nessuna maniera e non entri in lotta contro di noi, con le sue arti di ogni genere
                  e  per  mezzo  dei  servitori  della  sua  volontà,  ma  perché  fronteggiando  ogni  evento  possiamo
                  riportare vittoria. Così va intesa la parola: «Numerose sono le tribolazioni dei giusti, ma da tutte
                  egli li libera». Dio ci libera dalle tribolazioni, non perché non ci vengano più tribolazioni (anche
                  Paolo dice: «tribolati in tutto, ma non schiacciati»), ma perché, pur essendo nella tribolazione,
                  per  il  soccorso  divino  non  siamo  schiacciati.  Essere  nella  tribolazione,  secondo  il  modo  di
                  parlare ebraico, significa una situazione, in cui ci si viene a trovare, prescindendo dalla nostra
                  volontà; essere  schiacciato  è invece uno stato, che dipende dalla nostra volontà, che si lascia
                  vincere  e  sopraffare  dalla  tribolazione.  Paolo  bene  ha  detto:  «tribolati  in  tutto  ma  non
                  schiacciati».  A  mio  avviso,  a  questa  osservazione  corrisponde  la  parola  del  Salmo:  «Nella
                  tribolazione tu mi hai dilatato». Infatti la gioia e la serenità dello spirito, che nel tempo delle
                  calamità ci vengono da Dio, per l’aiuto e la presenza del Verbo divino, consolatore e salvatore,
                  [nella Scrittura] hanno il nome di dilatazione.

                  2. Simile cosa è da intendere quando uno è liberato dal maligno. Dio liberò Giobbe, non perché
                  il  diavolo  non  ottenne  licenza  di  affliggerlo  con  molteplici  tentazioni  (la  ottenne  infatti),  ma
                  perché in tutto quello che gli sopravvenne egli non peccò davanti al Signore e si mostrò giusto.
                  Colui  che  aveva  detto:  «Forse  Giobbe.  teme  Dio  per  nulla?  Non  hai  tu  alzato  un  riparo
                  tutt’intorno  a  lui,  alla  sua  casa  e  a  tutto  quello  che  gli  appartiene?  Non  hai  tu  benedetto
                  l’impresa delle sue mani, e moltiplicato il suo bestiame sulla regione? Ma tu stendi, ti prego, la
                  mano e colpisci la sua roba: di certo ti benedirà in faccia», fu come calunniatore di Giobbe che
                  venne  coperto  di  vergogna.  Infatti  Giobbe,  pur  avendo  sofferto  tanti  mali,  non  bestemmiò
                  contro Dio, come  aveva detto l’avversario, bensì invece, anche lasciato in balia del tentatore,
                  continuò a benedire il Signore, E quando la moglie gli dice: «Di’ una parola contro il Signore e
                  muori»,  la  rimprovera  con  queste  parole:  «Tu  parli  proprio  come  una  donna  stolta!  Certo,  il
                  bene lo riceviamo da Dio, il male non lo dobbiamo ricevere?».
                  Una seconda volta il diavolo dice al Signore riguardo a  Giobbe:  «Pelle per pelle!  Quello che
                  l’uomo possiede lo darà per la sua vita. Ma stendi la tua mano, tocca le sue ossa e la sua carne,
                  per  vedere  se  ti  benedirà  in  faccia».  Vinto  dall’eroico  campione  della  virtù,  il  diavolo  si  è
                  dimostrato menzognero. Giobbe invero, benché abbia sofferto durissime prove, resistette, senza
                  che con le labbra peccasse davanti a Dio. Sostenne vittorioso due combattimenti e non occorse
                  che affrontasse il terzo combattimento. Il triplice combattimento era riservato al Salvatore, come
                  è descritto dai tre evangelisti; e il Salvatore, considerato come uomo, tre volte vinse il nemico.

                  3.  Dopo  aver  accuratamente  esaminato  e  ponderato  in  noi  stessi  queste  parole  per  poter
                  domandare a Dio con giusto intendimento di non entrare in tentazione e di essere liberati dal
                  maligno, siamo degni, per aver ascoltato Dio, di essere ascoltati da lui. Domandiamogli dunque,
                  qualora siamo tentati, di non essere messi a morte; colpiti dalle infuocate frecce del maligno, di
                  non rimanervi bruciati. Sono bruciati da esse quelli i cui cuori, secondo uno dei dodici profeti,
                  «sono  divenuti  come  forno».  Ma  non  ne  sono  bruciati  quelli  che  con  lo  scudo  della  fede
                  spengono i dardi infuocati dal maligno  scagliati contro di loro. Effettivamente  hanno in loro
                  fiumi di acqua zampillante verso la vita eterna, che non consentono il sopravvento del fuoco del
                  maligno,  ma  lo  spengono  facilmente  per  il  diluviare  di  pensieri  divini  e  salutari,  che  sono
                  scolpiti  nell’anima  di  colui  che  con  la  contemplazione  della  verità  si  studia  di  divenire
                  spirituale.


                                                     CAPITOLO XXXI

                  Come ci si dispone alla preghiera




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