Page 47 - La Preghiera
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1. Dopo di ciò non mi sembra fuori posto approfondire il problema della preghiera; trattare con
                  maggiore  penetrazione  l’argomento  sul  contegno  e  sulle  disposizioni  che  devono  esserci
                  nell’orante;  sul  luogo  dove  bisogna  pregare;  verso  quale  direzione  si  debba  rivolgere  lo
                  sguardo. qualora qualche ostacolo non si opponga; e così pure sul tempo adatto e preferibile
                  alla preghiera, e di altre cose consimili. [Per bene intenderei] le disposizioni sono da riferire allo
                  spirito, il contegno invece è da riferire al corpo. Paolo, come sopra si  è accennato descrive le
                  disposizioni [interiori], quando dice che bisogna pregare «senza ira, né discussione»; si riferisce
                  invece al contegno con quella esortazione: «levando le mani pure». Questo mi sembra ricavato
                  dai  Salmi,  dove  c’è  questa  espressione:  «l’elevazione  delle  mie  mani  è  come  sacrificio
                  vespertino».  A  proposito  del  luogo  (dice  il  medesimo  Apostolo):  «Voglio  che  gli  uomini
                  preghino  in  ogni  luogo».  Quanto  all’orientazione,  nella  Sapienza  di  Salomone  è  scritto:
                  «Affinché sia noto che bisogna precorrere il sole per renderti grazie e adorarti al riapparire della
                  luce».

                  2. A mio avviso, chi si appresta a pregare, se per un po’ di tempo si impegnerà a raccogliersi
                  internamente si renderà più pronto e attento in tutto lo svolgimento della preghiera. Del pari
                  avverrà  se  scaccerà  tutto  quanto  può  distrarla  e  turbare  i  suoi  pensieri;  se  si  ricorderà  per
                  quanto  gli  è  possibile  della  maestà  di  Colui  al  quale  accede;  se  rifletterà  che  è  vera  empietà
                  avvicinarsi  a  lui  con  disattenzione  e  svogliatezza,  quasi  con  atteggiamento  sprezzante;  se
                  allontanerà tutti gli elementi estranei e verrà così alla preghiera, tendendo per così dire l’anima
                  prima  delle  mani,  elevando  a  Dio  lo  spirito  prima  degli  occhi;  se  prima  di  erigersi  in  piedi
                  solleverà  dalla  terra  la  parte  superiore  del  suo  spirito  e  si  presenterà  davanti  al  Signore
                  dell’universo; se rimuoverà da sé ogni mala ricorda che potrebbe avere di ingiustizie inferte a
                  suo danno, come egli stesso desidera che Dio non si ricordi delle sue male azioni e dei peccati,
                  commessi contro molti dei suoi prossimi, o ancora di tutti i falli di cui ha coscienza d’essere
                  incorso contro la retta ragione. Non si può mettere in dubbio che, per quanta numerose passano
                  essere le posizioni del corpo, a tutte sano da preferire quella consistente nell’elevare le mani e
                  nel rivolgere in alto gli occhi; giacché in tal modo il corpo reca nella preghiera l’immagine delle
                  qualità che convengono all’anima nell’orazione. Diciamo che ciò bisogna mettere in atto a meno
                  che alcune circostanze non lo impediscano. Effettivamente in talune contingenze è consentito
                  qualche volta pregare convenientemente stando seduti, come ad esempio quando si soffra un
                  mal di piedi non trascurabile; oppure stando a letto a causa delle febbri, o altre simili infermità.
                  Analogamente, se ad esempio siamo sulla nave o se il disbrigo di affari non permette di ritirarsi
                  per la dovuta preghiera, si può pregare senza averne l’aria.

                  3. Conviene dunque sapere che quando uno sta per accusarsi davanti a Dio dei propri peccati,
                  supplicandolo che glieli rimetta, è necessaria anche la genuflessione. Trova questa la sua figura
                  in Paolo che si umilia e si sottomette, dicendo: «Perciò io piego le ginocchia davanti al Padre, da
                  cui deriva ogni paternità in cielo e in terra». La genuflessione spirituale, così detta perché tutti
                  gli esseri si sottomettono a Dia nel nome di Gesù e si umiliano davanti a lui, mi sembra che
                  l’Apostolo la significhi con quella espressione:  «Affinché nel nome di Gesù ogni ginocchio si
                  pieghi  in  cielo,  sulla  terra  e  negli  abissi».  Non  si  può  pensare  che  corpi  celesti  siano  così
                  conformati  da  possedere  ginocchia  corporali,  giacche  è  dimostrato  da  coloro,  che  di  ciò
                  accuratamente trattarono, che tali corpi sono sferici. Colui che non vuole ammettere questa tesi
                  dovrà pure convenire che ogni membro ha la sua utilità, di modo che nulla da Dio è fatto senza
                  finalità, a meno che egli resista con impudenza alla ragione. Incappa così in doppia difficoltà,
                  sia chi dice che le membra del corpo sono state date inutilmente da Dio agli esseri celesti e non
                  per  attuazione  di  finalità  specifiche,  sia  chi  dice  che  le  viscere  e  l’intestino  compiono  le  loro
                  funzioni proprie anche negli esseri celesti. È poi da folle pensare che questi esseri celesti, a guisa
                  delle statue, abbiano l’apparenza umana sola alla superficie e non nella loro profondità. Tutto
                  ciò ho messo in risalto nell’esaminare il significato della genuflessione e avendo sotto gli occhi
                  quel passo scritturale: «Nel nome di Gesù ogni ginocchia si pieghi in cielo, sulla terra e negli
                  abissi». La stessa cosa è scritta nel Profeta: «Ogni ginocchio si piegherà davanti a me».




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