Page 12 - La Preghiera
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CAPITOLO IX
L’invito dell’apostolo Paolo
1. Bisogna fondare su prove scritturali quanto è stato detto, nel modo seguente: colui che prega
deve elevare mani che avrà pure se perdona a tutti quelli che gli avranno recato offesa, se fa
scomparire il sentimento d’ira dall’animo, né è in collera con alcuno. Parimenti, affinché la
mente non sia inquinata da altri pensieri, occorre dimenticare, nel tempo in cui si prega, tutto
quanto è estraneo alla preghiera (un simile stato è certamente il più felice), come insegna Paolo
nella prima a Timoteo, dicendo: «Voglio dunque che gli uomini preghino in ogni luogo,
levando pure mani senz’ira e senza dispute». Inoltre, la donna deve avere, massime quando
prega, un ordine e un decoro in animo e in corpo; deve pensare, più che tutto, con la preghiera a
venerare Dio, e cacciare dal dominio dell’anima ogni impuro e frivolo pensiero: adorna non di
trecce o d’oro o di perle o di vesti sontuose, ma degli ornamenti che si confanno a una donna
nunzia di pietà. Mi meraviglio se uno dubitasse di dir già beata in virtù della sola disposizione
d’animo colei che tale si sarà messa a pregare. Insegnò infatti Paolo nella stessa lettera, dicendo:
«Similmente le donne, in abito convenevole, con verecondia e modestia si adornino non di
trecce e d’oro o di perle o di veste sontuosa ma come si conviene a donne che manifestino
devozione per mezzo di opere buone».
La preghiera ci solleva dalla realtà materiale
2. Anche il profeta Davide dice che l’uomo santo, quando prega, deve avere molte altre
disposizioni; ed è opportuno aggiungerle qui, perché appaia chiaramente – anche considerato in
se stesso – il grandissimo vantaggio dello stato di preparazione alla preghiera da parte di chi si
è dedicato a Dio. Dice dunque il Salmista: «A te che abiti nel cielo levai i miei occhi» e «Levai la
mia anima a te, o Dio». Essendo infatti sollevati gli occhi della mente dall’indugiare sulle cose
terrene e dal saziarsi delle immagini provenienti dagli oggetti alquanto materiali, ed essendo
così in alto da distogliere lo sguardo dalle cose mortali e rivolgerlo alla pura contemplazione di
Dio e parlare devotamente e convenientemente a Lui che ascolta, come non ottennero già il
massimo vantaggio simili occhi che «mirarono la gloria del Signore a viso scoperto e sono
trasformati nella stessa immagine, di gloria in gloria»? Giacché allora partecipano di un certo
intellettuale effluvio divino, come è chiaro dal versetto: «È impressa su noi la luce del tuo volto,
Signore». L’anima poi, sollevata e seguendo lo Spirito, separandosi dal corpo – né solo
seguendo lo Spirito, ma essendo in Esso (come appare dalle parole: «A Te levai l’anima mia» ) –
come può non diventare spirituale, deponendo essa ormai la natura propria?
Perdonare, poi pregare
3. Se il perdono è una cosa eccelsa da esserne racchiusa tutta la legge, secondo il profeta
Geremia che dice: «Non questi comandamenti ho dato ai padri nostri quando uscirono
dall’Egitto, ma questo ho comandato: ciascuno non serbi rancore in cuor suo al prossimo»;
mettendoci invero a pregare senza rancore noi osserviamo il comandamento del Salvatore che
dice: «Quando state pregando, perdonate se avete qualcosa contro qualcuno». È proprio chiaro
che se preghiamo con queste disposizioni abbiamo già ottenuto il massimo vantaggio.
CAPITOLO X
Pregare senza rancore verso Dio
1. Se, per ipotesi, come è stato detto, non tien dietro alcun beneficio dalla nostra preghiera, già
l’aver compreso come bisogna pregare e riuscirci è il più bel vantaggio. È evidente che colui che
così prega non avrà ancora finito di pregare e starà contemplando la potenza di Colui che
l’ascolta, quando sentirà: «Ecco, Io sono presente», purché abbia deposto prima di pregare tutto
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