Page 7 - La Preghiera
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voto piuttosto che far voto e non adempierlo». E negli Atti degli Apostoli: «Ci sono quattro
uomini tra di noi che hanno un voto sopra di sé».
CAPITOLO IV
Il termine proseuché: invocazione
1. Non mi parve fuori luogo distinguere innanzitutto sulla base delle Scritture i due significati
espressi dal termine euché. E lo stesso è anche di proseuché. Questo nome infatti oltre a trovarsi
spesso con il comune, consueto significato di preghiera è usato anche nell’accezione di voto nel
racconto di Anna. Nel I Libro dei Re: «Ed Eli sacerdote sedeva sulla sedia davanti alle porte del
tempio del Signore ed ella aveva l’animo amareggiato; e invocò il Signore e piangeva con
gemito e fece voto e disse – Signore degli eserciti, se ti rivolgerai a guardare la bassezza della
tua serva e ti ricorderai di me e non ti dimenticherai della tua ancella e darai alla tua serva un
figlio maschio, io lo darò al Signore per tutti i giorni della sua vita e il rasoio non passerà sul suo
capo».
2. Ora, qualcuno può verisimilmente dire, ponendo attenzione a quel «invocò il Signore e fece
voto», che se ha fatto le due cose, cioè invocare il Signore e fare voto, forse «invocò» è posto nel
significato comune per noi di preghiera; e «fece voto» nel significato con cui si trova nel Levitico
e nei Numeri. Infatti l’espressione: «Lo darò al Signore per tutti i giorni della sua vita e il rasoio
non passerà sul suo capo» non è propriamente invocazione, ma voto, quale fece anche Jefte: «E
fece voto Jefte al Signore e disse – Se mi darai i figli di Ammon in mano mia, chiunque sarà che
uscirà dalle porte della mia casa e verrà incontro mentre ritorno in pace dai figli di Ammon,
sarà per il Signore e lo offrirò in olocausto».
Invocazione, voto, preghiera
CAPITOLO V
Obiezioni sulla preghiera: è essa utile?
1. Se dunque dopo ciò è necessario, come avete comandato, esporre dapprima le opinioni di
coloro i quali credono che nulla si ottiene dalle preghiere e perciò dicono che è superfluo
pregare, non rifiuteremo di fare anche questo, per quanto possiamo, prendendo il nome euché
nel significato più comune e più semplice [lacuna]. L’argomento invero è banale e non trova
illustri rappresentanti, tanto che non si incontra affatto – tra quelli che ammettono la
Provvidenza e pongono Dio al governo di tutte le cose – chi non accolga la preghiera. Tale
dottrina è di coloro che sono completamente atei e negano l’esistenza di Dio, o di quelli che
ammettono Dio solo di nome, ma non la sua Provvidenza. Tuttavia già la potenza
dell’Avversario volendo mescolare le più empie credenze al nome di Cristo e alla dottrina del
Figlio di Dio riesce a persuadere certuni che persino non si deve pregare. I sostenitori di questa
tesi sono quelli che proprio non ammettono le cose sensibili, e non si servono né del battesimo,
né dell’eucaristia, travisano le Scritture quasi che non esigessero un certo pregare, ma
insegnassero una preghiera completamente diversa.
La prescienza di Dio renderebbe vana la preghiera
2. Queste che seguono potrebbero essere le motivazioni di coloro che respingono la preghiera,
ma che pongono poi Dio al governo di tutte le cose e affermano l’esistenza della Provvidenza
(per ora infatti, non mi propongo di esaminare le affermazioni di coloro che rifiutano del tutto
Dio con la sua Provvidenza). Eccole: Dio conosce tutte le cose prima della loro nascita e nessuna
è conosciuta da Lui per la prima volta quando appare, solo per il fatto di esistere, quasi che
prima d’allora non fosse conosciuta. Che bisogno c’è dunque di indirizzare la preghiera a chi,
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