Page 10 - La Preghiera
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in nostro potere, quello che deve accadere in virtù della sua Provvidenza ed inoltre quello che
accadrà secondo l’intreccio degli eventi. La prescienza di Dio non è che sia causa determinante
delle cose future e di quelle che saranno compiute dal nostro arbitrio secondando il nostro
impulso. Se infatti, poniamo, Dio non conoscesse le cose future, non per questo non potremmo
fare una cosa e volerne un’altra; piuttosto segue che, dalla previsione di Dio, tutto ciò che è in
nostro potere è ordinato per l’armonia dell’universo, in modo utile alla bellezza dell’insieme.
Dio mette in conto le preghiere dell’uomo
4. Se dunque Dio conosce ogni nostro libero atto,e in virtù di questa prescienza Egli dispone
secondo la sua Provvidenza ciò che bene si adatta ai meriti di ognuno, e conosce
precedentemente che cosa e con quale disposizione d’animo l’uomo di fede chieda pregando,
ed ogni suo desiderio, è così che organizzerà tutte le cose in modo ordinato, sulla base della
prescienza: questi che prega consapevole, per il fatto che mi prega, l’esaudirò; quegli, o perché
non degno d’essere esaudito o perché mi ha pregato di quelle cose che né a lui giova ottenere,
né a me conviene concedere, non sarà esaudito. Diciamo dunque che è proprio per la stessa
preghiera che una persona sarà esaudita e l’altra no. E se alcuno si turba al pensiero che le cose
siano determinate, essendo Dio infallibile conoscitore del futuro, bisogna a costui rispondere
che Dio conosce di necessità l’uomo, ma che quell’uomo non vuole necessariamente né
fatalmente il bene o il male, in modo da essergli precluso ogni mutamento in meglio. E ancora
dice Dio: «Queste cose compirò per costui che mi pregherà, poiché è bene che l’esaudisca, se mi
pregherà in sincerità e pregando non si distrarrà; mentre pregherà per poco, “darò quelle e
quest’altre cose in misura più abbondante di quanto chiede o pensa” momento a cooperare alla
sua salvezza e l’assista fin d’ora; a un altro io manderò per così dire un altro angelo di dignità
più elevata, perché quest’uomo è destinato ad essere migliore del primo; da un terzo invece che,
dopo essersi dato all’eccellente dottrina si sarà indebolito e ripiegato alquanto alle cose terrene,
io allontanerò quell’ottimo soccorritore; staccatosi che sarà, come si meritava, trovandosi
padrone di sé, ecco una potenza cattiva, colto il momento per tendere insidie al suo torpore,
presentatasi, lo stimolerà a diversi peccati, poiché egli si è dimostrato pronto a peccare.
I disegni divini su Giosia, Giuda e Paolo
5. Così dunque potrà dire l’Ordinatore di tutte le cose: «Ecco Amos generare Giosia, che non
imiterà i falli del padre, ma messosi in questa via che conduce alla virtù per opera di quelli che
l’assisteranno, sarà retto e virtuoso, e abbatterà l’altare per cui Geroboamo peccò nell’innalzarlo.
So pure che Giuda, mentre il Figlio mio abitava tra gli uomini, all’inizio sarà buono e virtuoso,
ma in seguito devierà e cadrà nei peccati degli uomini; per questo sarà giusto che soffra di
quelle tali punizioni». (Ciò previde forse per tutte le cose, ma per Giuda e gli altri misteri
certamente, anche il Figlio di Dio, che ha visto, nella prospettiva del futuro, Giuda e i peccati da
lui commessi; così da dire, con piena visione delle cose, prima che Giuda fosse nato, per bocca
di Davide: «O Dio, non tacere la mia lode», ecc.). «Conoscendo dunque il futuro, e quale slancio
avrebbe avuto al bene Paolo, disse leggendo nel mio disegno, prima che fondasse il mondo e
mettesse mano all’opera della creazione: lo eleggerò e, dopo nato, lo affiderò a queste potenze
ausiliatrici della salvezza degli uomini, segregandolo dal seno della madre; lasciando che
all’inizio, in gioventù, con zelo (di persecuzione) misto all’ignoranza (del vero), con il pretesto
di pietà perseguitasse coloro che credevano nel mio Cristo e custodisse le vesti dei lapidatori del
mio servo e martire Stefano. Anche perché in seguito, deposta la giovanile baldanza, cogliendo
il momento favorevole e mutatosi in meglio, non si gloriasse al mio cospetto, ma dicesse – Non
sono degno d’essere chiamato apostolo, perché perseguitai la Chiesa di Dio, e presagendo la
mia futura benevolenza verso di lui dopo i giovanili errori, falsati di pietà, dicesse – Ma per
grazia di Dio sono quel che sono, e trattenuto dalla coscienza di quanto era stato commesso
contro Cristo da lui quando era ancora giovane, non insuperbisse a motivo dell’abbondanza
delle rivelazioni manifestategli per la mia benevolenza».
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