Page 13 - La Menzogna
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Si critica questa argomentazione.
9. 13. Riguardo a questa argomentazione si possono fare diverse domande. E cioè: se un
tale consenso può essere preso come un [semplice] fatto; se si può parlare di consenso
dove non ci sia anche l’approvazione; se sia un’approvazione dire: «È meglio subire
questo [male] che fare quest’altro»; se abbia agito bene colui che per non subire lo stupro
ha offerto incenso agli idoli; se finalmente sia preferibile mentire piuttosto che offrire
incenso, qualora capitasse una tale occasione. Orbene, se tale consenso è da ritenersi un
fatto, sono omicidi anche coloro che preferiscono farsi uccidere anziché dire una falsa
testimonianza; anzi il loro omicidio è più grave [perché commesso] contro se stessi.
Perché infatti non dire che essi hanno ammazzato se stessi, se hanno scelto essi stessi che
l’atto venisse compiuto contro di loro per non dover cedere alla costrizione? Ovvero, se si
ritiene che uccidere un altro sia più grave che uccidere se stesso, che dire se a un martire
venisse fatta la seguente proposta: tu non vuoi dire una falsa testimonianza su Cristo né
immolare sacrifici ai demoni; ebbene dinanzi ai tuoi occhi ti viene ucciso non un qualsiasi
uomo ma tuo padre, e lo si uccide mentre egli scongiura te, suo figlio, di non permettere
col tuo persistere che una tale sventura gli accada. Non è del tutto chiaro in questo caso
che, se quel tale rimane saldo nella sua determinazione di dare una testimonianza di
assoluta fedeltà [a Cristo], quegli altri, cioè coloro che gli uccidono il padre, sono certo
degli omicidi, ma lui stesso non è un parricida? Egli non è stato corresponsabile di
quell’enorme delitto avendo preferito che suo padre, uomo magari sacrilego la cui anima
stava per andare in perdizione, venisse ucciso da gente estranea anziché macchiare la
propria fede con una falsa testimonianza. Il suo consenso non lo ha infatti reso
corresponsabile di così enorme delitto se lui personalmente non voleva compiere il male,
e di fatto non l’ha compiuto, qualunque cosa abbiano poi fatto gli altri. In effetti, i
persecutori che cosa dicono se non: Fa’ tu il male perché non abbiamo a farlo noi? E se
davvero avendo fatto noi il male essi non lo facessero, nemmeno in questo caso noi
dovremmo dare ad essi l’appoggio del nostro consenso. Ma ecco che essi, pur non
dicendo cose come queste, fanno il male: ora perché si dovrebbe essere detestabili
malfattori e loro e noi, e non loro soli? In effetti il nostro operare non può chiamarsi
consenso, poiché noi non approviamo quello che essi fanno, ma cerchiamo sempre [il
bene] e, per quanto sta in noi, ci sforziamo d’impedire che facciano [il male] e, quanto
all’azione cattiva, non solo non la compiamo insieme con loro ma la condanniamo
detestandola con tutto il nostro animo, per quanto ci è possibile.
Evitare la collaborazione al peccato.
9. 14. Tu replichi: Come si fa a dire che quel tale non compie la tal opera se gli altri non
l’avrebbero fatta qualora l’avesse fatta lui? In questa maniera siamo noi che sfondiamo la
porta insieme con i predoni, poiché se noi non la tenessimo chiusa loro non la
forzerebbero; siamo noi che uccidiamo la gente con gli assassini se per caso sappiamo che
ciò essi avrebbero fatto, poiché se noi li avessimo uccisi prima [del delitto], essi non
avrebbero ucciso nessuno. Supponiamo ancora che qualcuno ci confessi l’intenzione di
commettere un parricidio. Noi siamo suoi conniventi se, potendolo, non lo uccidiamo
prima che egli passi all’azione, ammesso che noi non possiamo trattenere l’omicida né
impedire [il suo gesto] in altre maniere. In poche parole si può dire: Tu hai commesso [il
delitto] insieme con lui, poiché egli non avrebbe potuto commetterlo se tu avessi posto
quell’altro atto. Veramente, io non avrei voluto commettere nessuno dei due mali, ma son
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