Page 83 - La Grazia della Contemplazione
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dentro  il  loro  palazzo  e  ivi  riposano  con  piacere,  insistiamo  sul  fatto  che
                  entrambi, Abramo ed Elia, temevano la venuta del Signore desiderandola, sia
                  quello che  sedeva sulla soglia e  sopportava con pazienza  il peso  del servizio
                  divino, sia quello che, stando sulla porta, aspettava il tempo della visitazione,
                  inquieto nel desiderio e nell’impaziente attesa.
                  Ascoltate  come  viveva  nella  impazienza  colui  che  stava  sulla  soglia  della
                  caverna: Toglimi l’anima, o Signore, poiché io non sono migliore dei miei padri (3 Re
                  19,4). Che cosa coprì il suo volto quando chi stava nell’attesa si trovò davanti al
                  Signore  che  passava?  O  forse  alla  presenza  del  Signore  egli  conobbe  più
                  perfettamente  la  sua  imperfezione  e  si  vergognò  che  apparisse?  Hai  tuttavia
                  voluto vedere, tu che hai temuto di essere visto. O quanti si credono già pronti e
                  tuttavia nel momento della visitazione sono pieni di timore che in loro prima
                  non  esisteva,  e  temono  di  uscire,  cosa  che,  invece,  prima  ardentemente
                  desideravano.


                                                      Capitolo XI

                        Dopo il molto desiderio non tutti si sollevano sopra se stessi per la
                                                visitazione della grazia


                  Ecco si legge che chi aspetta il Signore non esce dalla porta e non corre incontro
                  al Signore. Dalla spelonca, tuttavia, ma con il volto coperto, guardò innanzi ed
                  esclamò la voce di Colui che passava, e colui che già sperava nel riposo, seppe
                  quello che ancora doveva fare dalla rivelazione del Signore. Un altro poi balza
                  incontro  alla  venuta  del  Signore,  e  corre  incontro  a  colui  che  viene  a  volto
                  scoperto,  e  lo  introduce,  e  accoglie  la  promessa  divina  per  il  suo  desiderio
                  ardente; chiede al Dio degli eserciti spiegazioni e, ricevendo la prescienza degli
                  eventi  futuri,  entra  nel  segreto  di  quei  giudizi  divini.  Che  cosa  è  volgersi  al
                  passaggio  del  Signore  dalla  propria  tenda  se  non  intendere  con  finezza  la
                  misura delle divine disposizioni e la grazia del suo aiuto da ciò che accade in se
                  stessi secondo un disegno divino? Un violento terremoto segue lo spirito, e il
                  fuoco segue il terremoto, e un sibilo lieve dell’aria segue il fuoco. Allora ci si
                  accorge della presenza del Signore, perché la mente che è completamente scossa
                  da grandi e mirabili avvenimenti, ed è presa da un eccessivo timore, o colta da
                  un dolore troppo grande, di nuovo, al di là d’ogni speranza viene ricondotta a
                  una grande tranquillità e a una grande sicurezza. Allora non sa più che volere, e
                  medita  sull’azione  della  grazia  e  riconosce  chiarissimamente  che  tutto  ciò
                  accade  per  volere  di  Dio.  Abbiamo  poi  Dio  stesso  presente,  ma  come  se
                  passasse, quando non siamo in grado di mantenerci fermi nella contemplazione
                  di quella luce. Ascoltare la voce del Signore, o la voce del mezzo nel quale Egli
                  parla, è conoscere quale sia la sua volontà perfetta e volta al bene. Ma, uscito
                  dalla  tenda,  si  fa  avanti,  verso  la  venuta  del  Signore  e,  venuto  fuori,  lo  vede
                  quasi  faccia  a  faccia  colui  che  condotto  oltre  se  stesso,  trascendendo  la  sua
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