Page 73 - La Grazia della Contemplazione
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dimensione, se venne rappresentata per mezzo della forma angelica. Il cheru-
                  bino  significa  infatti  la  pienezza  della  scienza;  in  tale  parola  viene  indicato  e
                  proposto  o,  anzi,  promesso  qualcosa  di  grande  della  segreta  e  intima
                  conoscenza. E dobbiamo osservare che chiamiamo cherubini non tutti gli angeli,
                  ma  i  più  alti,  quelli  che  sono  quasi  uniti  a  Dio.  La  forma  proposta  del
                  propiziatorio  ci  invita  dunque  non  solo  a  ciò  che  sta  oltre  il  mondo,  ma
                  addirittura alle cose sopracelesti e invita la nostra intelligenza alla speculazione
                  delle cose più alte e divine.
                  È certo che ciò che riguarda questi due ultimi generi di contemplazione è sopra
                  la dimensione umana, sopra la ragione e oltre le capacità dell’uomo. Per questo
                  è  stato  necessario  rappresentano  nella  similitudine  con  una  immagine  non
                  umana,  ma  angelica.  Se  infatti  la  materia  di  questa  speculazione  non
                  sopravanzasse  le  strettezze  dell’umano  ragionamento,  sarebbe  stato  meglio
                  trarre il modello dell’opera da una forma umana, non angelica.
                  Bisogna  dunque  che  noi  ci  solleviamo  sopra  noi  stessi  e  che  saliamo  con  la
                  contemplazione a ciò che sta oltre la ragione, se vogliamo fare un volo con la
                  nostra intelligenza analogo a quello degli angeli. Cerchiamo dunque ciò che sta
                  oltre  la  ragione,  che  trascende  la  forza  dell’umana  ragione  e  la  struttura  del
                  nostro raziocinio.


                                                       Capitolo II

                   Trascendono l’umana ragione quelle cose che riguardano queste due ultime
                                                      speculazioni


                  Come vi sono certamente delle cose che sono al di sotto della ragione, così ve ne
                  sono certamente di quelle che stanno al di sopra della ragione. E tra queste, ve
                  ne sono altre, in una dimensione di mezzo, che possono essere raggiunte dalla
                  ragione, e al di sotto della ragione che possiamo percepire con i sensi del corpo.
                  Sono  razionali  soltanto  le  cose  che  investighiamo  con  la  sola  ragione.  Sono
                  sopra  la  ragione  quelle  che  impariamo  per  mezzo  della  rivelazione  o  che
                  proviamo sulla base della sola autorità. Il bianco e il nero, il caldo e il freddo,
                  l’amaro e il dolce, li apprendiamo con il senso e non con la ragione. Il vero e il
                  falso, il giusto e l’ingiusto, l’utile e l’inutile, li intendiamo ragionando, non con
                  qualche senso del corpo. Ma che Dio sia trino nell’unità della sostanza non ce lo
                  mostra  né  il  senso  né  l’umana  ragione.  Piuttosto  alcuni  lo  sanno  per  mezzo
                  della rivelazione, altri lo credono sulla base della solo autorità.
                  Sotto la ragione dunque sono le cose corporee, sopra la ragione le cose divine. È
                  del tutto sopra la ragione ciò che nessun senso corporeo può attingere né alcuna
                  umana  ragione  può  penetrare.  Sopra  la  ragione  ciò  che  crediamo  che  esiste
                  veramente,  e  che,  tuttavia,  non  possiamo  provare  con  l’esperienza  né
                  comprendere  con  l’intelletto.  E  certo  sono  molte  le  cose  divine  nelle  quali  la
                  ragione umana trova pace e che essa non vuol contraddire, e che accoglie come
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