Page 64 - La Grazia della Contemplazione
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69,2). Ogni giorno chiediamo il suo aiuto e diciamo nelle orazioni quotidiane:
Aiutaci tu, o Signore, che ci dai la salvezza (Sal. 78,9). È chiaro che quest’opera è
resa perfetta nelle due dimensioni, perché il Creatore opera insieme alla sua
creatura. L’opera dunque scaturisce dalla volontà individuale e dalla grazia
divina. Invano ci si affatica nella propria libertà, se non si è sorretti dall’aiuto
divino. La nostra giustificazione viene realizzata sulla base di una individuale
deliberazione e insieme dell’ispirazione divina. Volere solo cose giuste è già
essere giusti. Siamo chiamati giusti o ingiusti per la nostra sola volontà, benché
siamo aiutati in due modi. In due modi Dio collabora con noi, interiormente ed
esteriormente. Interiormente per mezzo di una segreta ispirazione,
esteriormente per mezzo delle sue manifeste opere. Ma questa cooperazione,
che si realizza esteriormente, non riguarda il genere di contemplazione, perché
occorre fare il propiziatorio di oro puro e tale oro è la speculazione nella pura
intelligenza. Riassumendo, due sono le cose per mezzo delle quali si realizza in
larghezza il nostro propiziatorio, cioè la nostra personale volontà e la divina
ispirazione.
Capitolo XVII
Nel secondo grado di contemplazione vi sono alcune cose che non possono
essere comprese
Abbiamo imparato che cosa sia la deliberazione nel quotidiano esercizio e non
possiamo dubitarne dopo tanta esperienza; per questo abbiamo esteso la nostra
conoscenza sotto tale aspetto fino a un cubito. Ma chi può comprendere, fino a
che siamo in questa vita in che modo la grazia divina visiti il cuore e solleciti e
ispiri la sua volontà verso il bene? Per quanto ci sforziamo in questa
considerazione, non possiamo estendere la nostra conoscenza a un cubito
perfetto. Come l’umana intelligenza potrebbe comprendere il modo della
divina ispirazione, quando il Signore stesso nel Vangelo parla
dell’incomprensibilità di tale cosa? Lo spirito - dice - spira dove vuole, ne odi la
voce, ma non sai donde venga né dove vada (Gv. 3,8). Veniamo ammaestrati dunque
intorno all’aiuto della grazia divina, per mezzo della autorità delle Scritture, che
noi stessi sperimentiamo, nelle deficienze della nostra debolezza e nel chiaro
effetto del suo aiuto. Per questo motivo ci viene sottratta la grazia, affinché la
debolezza umana, che non può fare da sé stessa nulla di bene, insegni all’uomo
a riconoscere di non potere nulla senza Dio. Per questo la grazia che è stata
sottratta viene nuovamente concessa, affinché riconosciamo, per il suo effetto,
che cosa possiamo essere per il dono di Dio. Perché mai ora possiamo, ora non
possiamo fare una stessa cosa, se non perché ora abbiamo, ora non abbiamo
l’aiuto della grazia? È chiaro dunque che non possiamo affatto dubitare
dell’aiuto della grazia divina, benché non possiamo affatto comprendere come
essa ci aiuti. Non possiamo dunque estendere l’opera della nostra
considerazione fino a un cubito, perché la nostra intelligenza in tale ricerca non