Page 63 - La Grazia della Contemplazione
P. 63

avrò  per  aver  fatto  grandi  opere  di  sapienza  e  di  giustizia?  Non  fanno  forse
                  meglio  coloro  che  mangiano  e  bevono  e  passano  i  loro  giorni  nell’allegria,
                  banchettano ogni giorno nel lusso, di quelli che si mortificano tutto il giorno?
                  Non è meglio forse andare  alla casa dei banchetti, piuttosto che alla casa del
                  lutto, se dopo questa vita l’uomo non ha nulla più delle bestie? Perché non vado
                  per annegarmi nei piaceri, per godere di tutti i beni, se i morti non risorgono?
                  Perché non ascoltiamo volentieri quella voce: Mangiamo e beviamo, domani infatti
                  saremo morti (1 Cor. 15,32)? Vedi certamente quanti mali. vengono se si dubita
                  dell’immortalità  dell’anima.  Non  dobbiamo  affatto  disprezzare  quello  che
                  possiamo  fare  di  questo  cubito,  benché  non  lo  possiamo  colmare.  Da  questa
                  triplice  considerazione  dell’essenza  spirituale  e  dalla  considerazione  del  suo
                  discernimento  e  della  sua  volontà,  si  inizia  l’opera  del  nostro  propiziatorio  e
                  viene realizzato in una certa dimensione. Chi dunque ha esercitato la sua anima
                  nella considerazione di queste cose, ha completato il propiziatorio quanto alla
                  sua  lunghezza.  Si  è  detto  oramai  della  lunghezza  del  propiziatorio,  ora
                  volgiamoci alla ricerca della sua larghezza.


                                                     Capitolo XVI

                          La distinzione all’interno del secondo grado di contemplazione


                  Ciò  che  abbiamo  detto  fin  qui  in  ordine  all’inizio  dell’opera  riguarda  la
                  lunghezza  del propiziatorio. Ma il nostro bene, che comincia  dalla creazione,
                  viene dilatato dalla giustificazione e con ciò si mostra che esso è relativo alla
                  larghezza  del  propiziatorio.  L’opera  nostra  infatti  non  può  essere  compiuta
                  senza entrambe le dimensioni. Non può essere mai portata alla perfezione, se il
                  Creatore  non  coopera  con  la  creatura.  Il  Creatore  potrebbe  certamente,  se
                  volesse, compiere perfettamente l’opera da se stesso, così come ha potuto creare
                  tante e così grandi cose dal nulla, quando lo ha voluto. Ma noi, se presumiamo
                  delle nostre forze e lavoriamo senza il suo aiuto, ci affatichiamo invano. Lo dice
                  Cristo nel Vangelo: Senza me non potete far nulla (Gv. 15,5). Perché Egli è colui che
                  opera in noi e rende perfetta la buona volontà (Filip. 2,13). Che cosa infatti potrò da
                  me stesso senza lui, se non posso nemmeno dire: Signore Gesù, al di fuori dello
                  Spirito Santo (1 Cor. 12)? Egli è dovunque o opera tutto in tutti, secondo la sua
                  volontà  dà  a  ciascuno  il  suo  (ibid).  D’altra  parte  nell’opera  della  nostra
                  giustificazione,  richiede  il  nostro  volontario  consenso  colui  che  dice:  Se  mi
                  vorrete e mi ascolterete, mangerete i frutti della terra (Is. 1,19). Quest’opera è affidata
                  al libero arbitrio:  Se il mio popolo mi avesse ascoltato, se Israele avesse  camminato
                  nelle mie vie, avrei umiliato i suoi nemici e avrei posto la mia mano su chi l’avversa
                  (Sal.  80,14-15).  Se  infatti  noi  non  facciamo  nulla  per  questa  opera,  invano
                  invochiamo il suo aiuto. Altro è fare, altro è aiutare. Che significa infatti aiutare,
                  se non lavorare con colui che opera? Comprese di averlo come coadiutore nel
                  bene colui che disse: Mio aiuto e mio liberatore sei tu, o Signore, non indugiare (Sal.
   58   59   60   61   62   63   64   65   66   67   68