Page 47 - La Grazia della Contemplazione
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posta  a  terra.  Certo  nella  contemplazione  e  nella  considerazione  delle  cose
                  divine,  quanto  più  proverai  una  gioiosa  meraviglia,  tanto  più  volentieri  ti
                  soffermerai a indagare con attenzione per essere illuminato. Tutte le volte che il
                  tuo animo è rapito dall’ammirazione a diverse cose, e si sofferma con gioia a
                  ogni cosa, la tua arca viene portata attorno e  la tua contemplazione si dilata.
                  L’ammirazione ti rapisce alle cose più alte e più profonde e ti tiene con gioia in
                  quella  ricerca;  la  tua  arca  viene  sollevata  in  alto,  perché  la  tua  intelligenza
                  percepisce le cose più sottili. Quando la tua ammirazione e la tua gioia vengono
                  meno, viene deposta l’arca, poiché cessa la rivelazione divina. In questo modo,
                  secondo  la  qualità  e  la  quantità  della  nostra  ammirazione  e  della  nostra
                  esultanza,  l’arca  viene  portata  in  giro  o  sollevata  o  deposta,  perché  la
                  rivelazione si attua e l’intelligenza viene illuminata in modo diverso secondo il
                  desiderio dell’animo.


                                                    Capitolo XXVII

                        Nella contemplazione di tutte le cose mutevoli è necessario riferirsi
                               strettamente alla considerazione della divina sapienza

                  È  meritevole  di  considerazione  il  fatto  che  molto  convenientemente  vengono
                  subito indicati gli anelli e i manici dell’arca, dopo che sono stati mostrati i tre
                  generi della contemplazione, perché, come si è mostrato sopra, tutto ciò sorge
                  dalla visione della realtà sensibile. Chi ignora che la molteplice varietà di questo
                  mondo  si  trova  in  una  grande  confusione  e  che  tutto  accade  egualmente  al
                  giusto e all’ingiusto, al buono e al malvagio, a colui che offre vittime e a colui
                  che disprezza il sacrificio? Il buono vive come il peccatore e lo spergiuro come
                  quello che ha detto la verità. Qual è quest’ordine delle cose, anzi quant’è grande
                  questa confusione in tutto ciò per cui ai buoni capitano beni e mali così come ai
                  cattivi?  A  tal  punto  la  nebbia  di  tal  confusione  obnubila  la  vista  degli
                  sprovveduti, che qualcuno addirittura dubita e diffida che Dio si preoccupi di
                  tutto ciò. Per questo l’antichità costruì altari in luoghi sacri alla Fortuna. Certo
                  se ai buoni accadessero solo le cose buone e ai cattivi solo le cose cattive, anche
                  gli sprovveduti vedrebbero che ciò sarebbe giusto. Se poi ai buoni capitassero
                  talvolta  alcuni  malanni,  e  ai  cattivi  capitasse  talvolta  qualcosa  di  buono,
                  farebbero assai poca fatica a comprenderne la ragione. Sembrerebbe congruente
                  con la divina giustizia portare ai premi eterni solo coloro che sono provati dalle
                  fatiche.  Ora  poi,  poiché  un’unica  sorte  coglie  ugualmente  tutti,  il  pensiero
                  umano si perde nell’abisso dei giudizi divini. Se infatti la divina giustizia non
                  ignora  i  diversi  comportamenti,  perché  non  dispensa  cose  diverse?  Se  Dio
                  prevede la fine dei malvagi, se ne ha preordinati altri alla vita, perché largisce
                  anche ai malvagi qualcosa della sapienza e i doni degli altri carismi spirituali, e
                  permette  che  molti  degli  eletti,  spogliati  delle  ricchezze  delle  loro  virtù,
                  giacciano nei vizi? Se dunque in questi dubbi ci aggrappiamo fortemente agli
                  anelli  dell’arca,  cioè  della  fede,  raggiungeremo  assai  presto  uno  stato  di
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