Page 32 - La Grazia della Contemplazione
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dalle  cose  terrene  a  quelle  celesti  con  una  profonda  meditazione.  Qui  per  la
                  prima volta è la sapienza di Dio, che insegna all’uomo la scienza; quella luce
                  che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, incomincia a mostrarsi e a
                  infondere nella mente i suoi raggi e, talora sottraendosi, a nascondersi di nuovo.
                  Frequentemente  pertanto  illumina  l’animo  e  lo  eleva  in  alto,  e  di  nuovo  lo
                  abbassa e lo abbandona a sé. Ma di nuovo inaspettatamente ritorna, e quando
                  non lo si sperava si presenta, e  si mostra splendente. Incomincia qui infine a
                  formarsi quasi una anticipazione della mirabile visione agli occhi di colui che
                  contempla, e come un’aquila spinge a volare i suoi piccoli con il suo continuo
                  volo,  e  si  volge  in  varie  parti  e  infiamma  innanzitutto  l’animo  di  colui  che
                  contempla al desiderio di elevarsi in alto, e talvolta lo plasma perfettamente per
                  un completo volo. Qui per la prima volta l’animo recupera la pristina dignità, e
                  rivendica  a  sé  l’onore  innato  della  sua  libertà.  Che  cosa  infatti  è  tanto
                  incompatibile con uno spirito razionale, che cosa tanto indegnamente soggetto a
                  schiavitù quanto il fatto che quella creatura che è senza dubbio spirituale ignori
                  le  cose  spirituali  e  il  fatto  che  essa,  che  è  stata  creata  per  i  beni  sommi  e
                  invisibili,  non  riesca  nemmeno  ad  assurgere  alle  contemplazioni  invisibili  e
                  tanto meno a soffermarvisi? Di qui, come credo, risulta abbastanza chiaramente
                  l’assidua  abitudine  di  questa  contemplazione,  che  occupa  il  terzo  posto,  che
                  giustamente  è  designata  tramite  la  corona  e  convenientemente  è  chiamata
                  corona, poiché con essa si incorona l’animo vittorioso. E non appena riceve la
                  corona della scienza spirituale, ciascuno può salire, tramite la contemplazione
                  della mente, dalle miserie di questo esilio alla libertà delle gioie invisibili. Alla
                  fine  quello  spirito  razionale  che  era  stato  a  lungo  nelle  tenebre  e  nell’ombra
                  della  morte,  incatenato  nella  miseria,  scosse  finalmente  le  tenebre
                  dell’ignoranza,  spezza  le  catene  della  concupiscenza,  per  mezzo  della  sua
                  eccellenza,  e  guida  i  prigionieri  alla  fortezza  spezzando  le  porte  di  bronzo,
                  infrangendo  le sbarre di ferro di una inveterata consuetudine  e  superando le
                  ristrettezze  della  abitudinarietà.  Attraverso  la  battaglia  di  una  infinita
                  moltitudine  di  infimi  desideri  e  di  pensieri  carnali  dovunque  accorrenti  e
                  dappertutto frapponentisi, erompe violentemente, e finalmente a fatica ripara
                  nella  dimora  del  suo  diritto,  mentre  si  raccoglie  tutto  sulla  soglia  della
                  abitazione celeste, per potere quindi coi suoi compagni, trionfatori simili a lui,
                  salmodiare con fiducia: La nostra dimora è nei cieli (Filip. 3,20).



                                                     Capitolo XIV

                           La distinzione delle cose che riguardano questa speculazione

                  Bisogna poi osservare che non è prescritta alcuna misura alla nostra corona, ma
                  nel  fatto  stesso  che  la  corona  venga  indicata,  viene  determinata  anche,
                  praticamente, la sua misura. La corona deve infatti cingere l’arca tutt’intorno;
                  deve  per  questo  avere  la  sua  lunghezza  e  la  sua  larghezza.  Per  questo  ha  la
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