Page 18 - La Grazia della Contemplazione
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altrettanto giustamente la corona dell’arca può rappresentare misticamente il
terzo genere di contemplazione, nel quale siamo soliti ascendere attraverso le
cose visibili alle invisibili e assurgere alla loro conoscenza guidati
dall’immaginazione. Infatti la corona veniva fissata al legno sulla parte più alta
dell’arca, tuttavia superava le parti più alte della struttura in legno con un’altra
estensione.
Così quel genere di contemplazione che si attua nella ragione secondo
l’immaginazione, invero si basa sull’immaginazione, mentre trae la ragione
dalla somiglianza delle cose immaginabili e costruisce quasi una scala per la
quale può ascendere alla speculazione delle cose invisibili. Il propiziatorio poi
da ogni parte e in ogni luogo è sovrapposto al legno e pertanto abbastanza
convenientemente in esso si configura quel genere di contemplazione che, al di
là di ogni immaginazione, si attua nella ragione secondo ragione. E come il
propiziatorio (come si conviene, al coperchio dell’arca), non scende mai al di
sotto del legno, né può essere confitto nel legno, così questa contemplazione,
superando ogni immaginazione e non permettendo la mescolanza con
alcunché, contempla e si volge solo alle cose invisibili.
Capitolo XII
Come si designano misticamente i due generi più alti di contemplazione
I due ultimi generi di contemplazione poi vengono espressi dalla figura
angelica. E giustamente invero ebbe una forma non umana ma angelica quella
struttura dell’opera che dovette rappresentare per somiglianza quei generi di
contemplazione, la cui materia supera ogni ragione umana.
Si deve ora notare come quei quattro generi suddetti siano congiunti in unità.
Codesti due ultimi invece sono separati e collocati separatamente. E invero in
quei primi quattro generi di contemplazione ogni giorno progrediamo per
nostro zelo e con l’aiuto divino, e passiamo dall’uno all’altro. Ma in codesti
ultimi due, tutto dipende dalla grazia ed essi si trovano assolutamente lontani e
del tutto separati da ogni attività umana, in quanto ciascuno accoglie
celestialmente e si riveste divinamente di una condizione di somiglianza
angelica. E forse non a caso questa ultima struttura dell’opera e figura angelica
prese il nome di cherubino, forse perché senza l’aggiunta di questa suprema
grazia nessuno può raggiungere la pienezza della scienza. Ma poiché dei due
cherubini uno si dice che sta da una parte, l’altro dall’altra, in modo tale che si
capisce che uno è a destra, l’altro invece a sinistra, considera, di grazia, quanto
convenientemente si oppongono da parti opposte, e sono collocati di fronte a
somiglianza naturalmente di quelle cose fra le quali alcune paiono concordare
con la ragione, altre opporsi. Ma forse qualcuno continuerà a cercare che cosa
convenga intendere in ciò. Vedi dunque che non a caso in quel cherubino che
stava a destra si deve identificare quel genere di contemplazione che è sopra la
ragione, e non tuttavia fuori della ragione.