Page 31 - La Gerarchia Celeste
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ARGOMENTO.  -  I.  Si  cerca  il  motivo  per  il  quale  é  detto  che  Isaia  fu
                  purificato  da  un  angelo  del  primo,  e  non  dell'ultimo  ordine.  -  II.  Si
                  risponde che quest'angelo non fu certamente un Serafino, ma che gli fu
                  dato quel nome per la funzione che adempiva. - III. Si riferisce un'altra
                  opinione: che cioè l'inviato celeste apparteneva in realtà all'ultimo ordine
                  della  gerarchia  celeste,  ma  poiché  gli  era  stata  affidala  quella  missione
                  dagli spiriti superiori, gli fu attribuito legittimamente quel nome, per lo
                  stessa ragione per cui si può dire  che un Pontefice conferisce gli ordini
                  per  mezzo  del  ministero  dei  Vescovi  e  il  battesimo  per  mezzo  del
                  ministero dei preti, quando essi ricevono da lui il loro rispettivo potere. -
                  IV. Si descrive la visione di Isaia, nella quale il Signore appare sopra il
                  suo trono, circondato di Serafini, e si spiega come Isaia fu purificato, e si
                  spiegano gli altri misteri di questa visione.


                   I.  Fermiamoci  ancora  a  considerare  perché  é  detto  che  un  Serafino  fu
                  inviato ad uno dei nostri teologi, dacché si domanda giustamente come
                  mai  sia  stato  destinato  a  purificare  il  profeta  una  delle  più  sublimi
                  intelligenze, invece d'uno fra gli spiriti inferiori.

                   II. Qualcuno, per eliminare  tale difficoltà, invoca prima di tutto  quella
                  intima analogia che esiste fra tutte le celesti nature: ciò posto, la Scrittura

                  non indicherebbe che una intelligenza del primo ordine fosse discesa per
                  purificare Isaia, ma soltanto che uno degli angeli che presiede alla nostra
                  gerarchia  ricevette  in  quel  caso  il  nome  di  Serafino,  unicamente  per  la
                  funzione che egli stava per compiere, e perché doveva togliere col fuoco
                  l'iniquità dal profeta e risuscitare nella sua anima purificata il coraggio di
                  una santa obbedienza. Così i nostri oracoli parlerebbero qui, non già di
                  uno fra i Serafini che circondano il trono di Dio, ma di una di quelle Virtù
                  purificanti che stanno immediatamente sopra noi.

                   III. Un altro mi suggerì, relativamente a questa questione, una soluzione
                  che  non  è  del  tutto  priva  di  senno.  Secondo  lui,  qualunque  fosse  la
                  sublime intelligenza che con questa visione simbolica iniziò il profeta ai
                  segreti  divini,  riferì  prima  a  Dio,  e  poi  alle  prime  gerarchie,  il  glorioso
                  potere che gli era toccato in sorte, e cioè di comunicare in quella occasione

                  la purità. Ora, é vera questa ipotesi? Colui che me la espose la spiegò in
                  questo modo: La virtù divina raggiunge e penetra intimamente ogni cosa
                  con la sua libera energia, quantunque in far ciò essa sfugga a tutti i nostri
                  sguardi,  tanto  per  la  sublimità  inaccessibile  della  sua  pura  sostanza,
                  quanto a cagione delle vie misteriose per mezzo delle quali esercita la sua
                  provvidenziale  attività.  Con  ciò  non  si  vuol  dire  tuttavia  che  non  si
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