Page 33 - La Gerarchia Celeste
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degli  Angioli  considerano  giustamente  il  primo  ordine  della  celeste
                  milizia  che  vien  subito  dopo  Dio,  come  il  principio  di  ogni  sacra
                  conoscenza e di ogni pio perfezionamento, inviando esso a tutti gli altri
                  beati  spiriti,  e  quindi  anche  a  noi,  i  raggi  dell'eterno  splendore.  Da  ciò
                  consegue che, se essi riferiscono a Dio le loro auguste funzioni e la loro
                  santità,  come  a  Colui  che  é  il  loro  creatore,  d'altra  parte  le  riferiscono
                  anche  alle  più  elevate  tra  le  pure  intelligenze  che  sono  chiamate  per
                  prime a compierle e ad insegnarle alle altre.


                  Il  primo  ordine  delle  gerarchie  celesti  possiede  dunque,  in  maggior
                  misura di tutti gli altri, e un divorante ardore e una larga parte nel tesoro
                  della  saggezza  infinita,  e  la  sapiente  e  sublime  esperienza  dei  misteri
                  sacri,  e  quella  proprietà  dei  Troni  che  annunzia  una  intelligenza
                  continuamente  preparata  alle  visite  della  divinità.  Gli  ordini  inferiori
                  partecipano,  è  vero,  all'amore,  alla  saggezza,  alla  scienza,  all'onore  di
                  ricevere Dio; ma queste grazie non giungono loro che più debolmente ed
                  in  modo  subalterno,  e  non  si  elevano  verso  Dio  se  non  per  mezzo
                  dell'aiuto  degli  angeli  superiori,  che  furono  per  primi  arricchiti  dei
                  benefici celesti. Ecco perché le nature meno sublimi riconoscono per loro
                  iniziatori questi spiriti più nobili, riferendo prima a Dio, e poi ad essi, le
                  funzioni che hanno l'onore di compiere.


                   IV. Il nostro maestro diceva adunque che la visione era stata manifestata
                  al teologo Isaia da uno dei santi e beati angioli che presiedono alla nostra
                  gerarchia,  e  che  il  profeta,  in  tal  modo  illuminato  e  condotto,  aveva
                  goduto  quella  contemplazione  sublime,  nella  quale,  per  parlare  un
                  linguaggio  simbolico,  gli  apparvero  le  più  alte  intelligenze  assise
                  immediatamente al di sotto di Dio e circondanti il suo trono; e, in mezzo
                  al  corteggio,  la  sovrana  maestà  nello  splendore  della  sua  essenza
                  ineffabile, elevantesi su quelle Virtù sì perfette. In queste visioni il profeta
                  intese che la Divinità, per la superiorità infinita della sua natura, supera
                  senza confronto ogni potenza visibile ed invisibile, e che è assolutamente
                  separata dagli altri esseri e non ha nulla di simile neppure alle più nobili
                  sostanze; imparò che Dio è il principio e la causa di tutte le nature, e la
                  base  incrollabile  della  loro  permanente  durata,  e  che  da  lui  dipendono
                  l'essere e il benessere anche della creature più auguste; seppe inoltre quali
                  sono  le  virtù  interamente  divine  dei  Serafini,  il  cui  nome  misterioso
                  esprime  così  bene l'ardore infiammato,  come diremo un po' più avanti,
                  quando,  secondo  la  nostra  possibilità,  cercheremo  di  spiegare  come
                  l'ordine serafico si elevi verso il suo adorabile modello. Il libero e sublime
                  sforzo  col  quale  gli  spiriti  dirigono  verso  Dio  il  loro  triplice  potere,  é
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