Page 11 - La Gerarchia Celeste
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II. Il fine della gerarchia é dunque di assimilarci e di unirci a Dio che essa
                  adora come signore e guida della sua scienza e delle sue sante funzioni.
                  Poiché, contemplando con tranquillo sguardo la somma bellezza, essa la
                  rappresenta a sé stessa come può, e trasforma i suoi adepti in altrettante
                  immagini di Dio: puri e splendenti specchi su cui può raggiare l'eterna e
                  ineffabile  luce  e  che,  secondo  l'ordine  voluto,  riflettono  generosamente
                  sulle  cose  inferiori  quello  splendore  mirabile  del  quale  essi  brillano.
                  Poiché  né  gli  iniziatori,  né  gli  iniziati  alle  sacre  cerimonie  debbono
                  ingerirsi  in  funzioni  che  non  appartengono  al  loro  ordine  rispettivo.
                  Inoltre,  soltanto  a  condizione  di  una  necessaria  dipendenza,  si  può
                  aspirare ai divini splendori e contemplarli col dovuto rispetto ed imitare
                  la buona armonia degli spiriti celesti.


                  Così, sotto questo nome di gerarchia s'intende una certa disposizione ed
                  ordine santo, immagine della bontà increata, che celebra nella sua propria
                  sfera,  con  il  grado  di  potere  e  di  scienza  che  gli  compete,  i  misteri
                  illuminatori, e si sforza di ricopiare con fedeltà il suo principio originale.
                  Infatti, la perfezione dei membri della gerarchia consiste nell'accostarsi a
                  Dio  per  mezzo  di  una  coraggiosa  imitazione  e,  ciò  che  é  più  sublime
                  ancora, nel farsi suoi cooperatori, (Lettera ai Corinzi, I. 3, 9) come dice il
                  libro santo, facendo risplendere in se stessi, secondo il proprio potere, le
                  meraviglie dell'azione divina.


                  Volendo perciò l'ordine gerarchico che gli uni siano purificati e gli altri
                  purifichino; che gli uni siano illuminati e gli altri illuminino; che gli uni
                  siano perfezionati e gli altri perfezionino, ne segue che ciascuno avrà il
                  suo  proprio  modo  d'imitare  Dio.  Poiché  questa  beata  natura,  se  mi  é
                  permessa  una  sì  terrestre  espressione,  é  assolutamente  pura  e  senza
                  miscuglio, piena di eterna luce, e sì perfetta che esclude ogni difetto; essa
                  purifica, illumina e perfeziona; ma che dico? essa é la purezza, la luce e la
                  perfezione stessa, al di sopra di tutto ciò che é puro, luminoso, e perfetto;
                  principio  essenziale  d'  ogni  bene,  origine  di  tutta  la  gerarchia,  e
                  sorpassante inoltre anche ogni cosa santa, per la sua eccellenza infinita.




                  III. Mi sembra dunque necessario che coloro che vengono purificati, non
                  conservando  più  alcuna  sozzura,  divengano  liberi  da  tutto  ciò  che  ha
                  bisogno  di  purificazione;  che  coloro  i  quali  vengono  illuminati  siano
                  ripieni  del  divino  splendore  e  che  gli  occhi  del  loro  intelletto  siano
                  esercitati  nell'esercizio  d'una  casta  contemplazione;  e  infine  che  coloro
                  che sono perfezionati, una volta cancellata la loro primitiva imperfezione,
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