Page 7 - La Gerarchia Celeste
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III. In realtà non é affatto inconcepibile che la verità possa manifestarsi
                  sotto  gli  aspetti  delle  sacre  figure  alle  quali  assomiglia,  oppure  sotto  il
                  travestimento  di  forme  che  le  sono  diametralmente  opposte.  Perciò  nel
                  misterioso  linguaggio  delle  sacre  carte,  l'adorabile  e  sopraessenziale
                  natura  del  nostro  Dio  benedetto,  vien  chiamata  qualche  volta  Verbo,
                  intelligenza, essenza, (S. Giovanni I. 1. Salmo 135) come per esprimere la

                  sua  ragione  e  la  sua  saggezza.  La  sua  esistenza  sì  sovranamente
                  essenziale  e  sola  e  vera  causa  di  tutte  le  esistenze,  vi  é  paragonata  alla
                  luce  (S.  Giovanni  I,  4)  e  si  chiama  vita.  Ma  benché  queste  nobili  e  pie
                  espressioni  sembrino  più  appropriate  che  non  i  simboli  puramente
                  materiali, sono tuttavia ben lontane dal rappresentare la divina realtà, che
                  sorpassa ogni essenza ed ogni vita, che non é riflessa da nessuna luce, ed
                  alla  quale  niuna  ragione,  né  intelletto  si  avvicina.  Spesso  anche  le
                  Scritture, elevando il nostro pensiero con opposto metodo, chiamano la
                  divina sostanza invisibile, immensa, incomprensibile, (Lettera a Timoteo
                  I, 6.16; ai Romani XI, 33; Salmo CXLIV, 13) indicando, così, ciò che essa
                  non  é,  non  già  ciò  che essa é. E  queste  parole  mi sembrano più  degne,
                  perché, seguendo i nostri santi e tradizionali insegnamenti, sebbene noi
                  non     conosciamo       quest'infinito     sopraessenziale,      incomprensibile,
                  ineffabile, tuttavia diciamo giustamente che non é nulla di tutto ciò che é.
                  Se dunque, nelle cose divine, l'affermazione é meno giusta e la negazione
                  più  vera,  meglio  sarebbe  non  provarsi  ad  esporre  per  mezzo  di  forme
                  analogiche  questi  misteri,  tutti  avvolti  d'una  sacra  oscurità.  Però  se
                  riflettiamo più attentamente, vedremo che non é già abbassare ma bensì
                  elevare  le  celesti  bellezze,  descrivendole  con  lineamenti  evidentemente
                  inesatti,  perché  con  ciò  noi  veniamo  a  confessare  che  esiste  tutto  un
                  mondo fra esse e gli oggetti materiali. lo credo del resto che nessun uomo
                  riflessivo  vorrà  negare  che  queste  difettose  approssimazioni  aiutino  il
                  nostro pensiero ad elevarsi; perché é probabile che simboli più maestosi
                  seducano  certe  intelligenze  le  quali  si  rappresentano  le  nature  celesti
                  come  esseri  brillanti  d'oro  e  d'un  magnifico  splendore,  sontuosi,
                  regalmente vestiti, irradianti una dolce luce, od aventi infine non so quali
                  altre forme che la teologia attribuisce ai beati arcangeli.


                  E  per  disingannare  quelli  che  non  immaginano  nulla  al  disopra  della
                  bellezza  del  mondo  sensibile, e per elevare  saviamente il loro pensiero,
                  che  i  santi  dottori  hanno  creduto  di  dovere  adottare  quelle  immagini
                  tanto dissomiglianti; perché le forme abiette non dovessero sedurre per
                  sempre  ciò  che  v'é  in  noi  di  materiale;  ma  la  loro  grossolanità  stessa
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