Page 3 - La Gerarchia Celeste
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DIONIGI AREOPAGITA


                                        LA GERARCHIA CELESTE





                                                     CAPITOLO I

                   In qual modo ogni illuminazione divina che per mezzo della bontà celeste si
                  trasmette alle creature, resta semplice in sé, nonostante la diversità dei suoi
                  effetti, ed unisce le cose che tocca coi suoi raggi.


                   ARGOMENTO. - I. Si insegna che ogni luce, ogni grazia spirituale ci
                  viene dal Padre e ci riporta a lui. - II. Dopo un’invocazione a Cristo, ci si
                  propone di spiegare le gerarchie celesti per mezzo degli oracoli divini
                  che, sotto la varietà del figurato, celano la semplicità del senso letterale. -
                  III. Si dimostra che, per adattarsi alla nostra intelligenza, la Scrittura
                  rappresenta con figure materiali le cose spirituali e celesti, e si mostra in
                  qual modo da quei simboli grossolani la nostra anima possa elevarsi fino
                  alle più sublimi contemplazioni.


                   I. Ogni grazia sovreminente, ogni dono perfetto vien dall'alto e discende
                  dal Padre dagli splendori (Lett. di S. Giacomo, 1, 17). Non solo; ma ogni
                  emanazione di splendore che la celeste bontà lascia traboccare su l'uomo,
                  reagisce  in  lui  come  principio  di  semplificazione  spirituale  e  di  celeste
                  unione, e con la sua virtù, lo riconduce verso la sovrana unità e la deifica
                  semplicità del Padre. Poiché tutte le cose vengono da Dio e ritornano a
                  Dio, conforme a quanto é detto nelle sante Epistole (Lett. ai Rom. Il, 36.).


                   II.  Perciò  invocando  Gesù,  la  luce  del  Padre,  la  vera  luce  che  illumina
                  tutti gli uomini che vengono in questo mondo, (S. Giovanni. I, 8) e per la
                  quale  abbiamo  ottenuto  d'accostarci  al  Padre,  sorgente  d'ogni  luce,
                  alziamo  un  attento  sguardo  verso  lo  splendore  dei  divini  oracoli  che  i
                  nostri maestri ci lasciarono in eredità; e in questo splendore cerchiamo di
                  discernere, con buona volontà, ciò che fu rivelato, sotto il velo della figura
                  e del simbolo, intorno alla gerarchia degli spiriti celesti. Poi, dopo aver
                  contemplato  con  occhio  tranquillo  e  puro  quegli  splendori  primitivi,
                  ineffabili,  per  i  quali  il  Padre,  abisso  di  divinità,  ci  manifesta  con  tipi
                  materiali  i  beati  ordini  degli  angeli,  ripieghiamoci  sul  principio
                  infinitamente semplice dal quale quegli splendori derivano. Con ciò non
                  si  vuol  già  dire,  bene  inteso,  che  essi  talvolta  non  esistano  al  di  fuori
                  dell'unità che forma la loro essenza; poiché, anche quando, adattandosi
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