Page 33 - La Fede e le Opere
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del  quale,  diffusosi  la  carità  nei  nostri  cuori,  la  legge  è  portata  a
                  compimento non per timore della pena, ma per amore della giustizia.

                  Conoscere Dio è proprio della fede congiunta alle opere.
                  22.  40.  In  nessun  modo  dunque  la  mente  incauta  si  lasci  ingannare,
                  ritenendo di aver conosciuto Dio, quando fa professione di fede in lui con
                  una fede morta, cioè senza le opere, alla maniera dei demoni, e per questo
                  presume ormai che avrà la vita eterna, perché il Signore dice: Questa è la
                  vita  eterna:  che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù
                  Cristo.  Deve  tener  conto  anche  di  quell’altro  passo,  dove  è  scritto:  Da
                  questo  sappiamo  d’averlo  conosciuto:  se  osserviamo  i  suoi  comandamenti.  Chi
                  dice “ Lo conosco ” e non osserva i suoi comandamenti, è un bugiardo e la verità
                  non è in lui. E perché nessuno ritenga che i suoi comandamenti riguardano
                  la  fede  soltanto,  sebbene  nessuno  abbia  mai  osato  dirlo,  soprattutto
                  perché  egli  parlò  di  comandamenti,  dicendo,  per  non  disperdere
                  l’attenzione  con  il  numero,  da  quei  due  dipende  tutta  la  Legge  e  i  Profeti
                  (peraltro,  si  potrebbe  giustamente  dire  che  i  comandamenti  di  Dio
                  riguardano la sola fede, se si intende non la fede morta, ma quella viva,
                  che opera per mezzo dell’amore), Giovanni stesso poi chiarì cosa volesse
                  dire, quando aggiunse: Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome
                  del Figlio suo Gesù Cristo e che ci amiamo l’un l’altro.

                  Questo giova: credere in Dio con retta fede, adorarlo, conoscerlo e sperare
                  nella sua misericordia.
                  22. 41. Questo dunque giova: credere in Dio con retta fede, adorare Dio,
                  conoscere Dio, in modo da ottenere da lui l’aiuto a vivere bene e, in caso
                  di  peccato,  da  meritare  la  sua  indulgenza,  non  già  perseverando  sicuri
                  nelle azioni che ha in odio, ma distaccandocene e dicendo a lui: Io ho detto,
                  o Signore, abbi pietà di me; risana l’anima mia perché ho peccato contro di te,
                  cosa  che  non  possono  dirglielo  quanti  non  credono  in  lui  e  lo  dicono
                  invano  quanti,  essendo  tanto  lontani  da  lui,  sono  fuori  della  grazia  del
                  Mediatore.  A  questo  proposito  nel  libro  della  Sapienza  ci  sono  quelle
                  parole che non so come siano intese da una funesta presunzione: Anche se
                  pecchiamo, siamo tuoi; e questo naturalmente perché abbiamo un Signore
                  buono e grande, che vuole e può guarire i peccati di quanti si pentono, ma
                  che non per questo è assolutamente incapace di disperdere chi permane
                  nella malvagità. Infine, dopo aver detto siamo tuoi, l’autore ha aggiunto:
                  Sapendo  la  tua  potenza:  in  ogni  caso  una  potenza  a  cui  il  peccatore  non
                  sarebbe in grado di sottrarsi o di nascondersi. E per questo continuando
                  ha  detto:  Ma  non  peccheremo  più,  perché  sappiamo  di  appartenere  a  te.  Chi
                  infatti, meditando come si conviene sulla nostra futura dimora presso Dio
                  - alla quale sono predestinati tutti coloro che sono stati chiamati secondo
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