Page 17 - L'unione con Dio
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abbiano esse per oggetto il Creatore o la creatura, l’uomo può riuscire a
trovare la sua gioia soltanto nel Creatore, il Dio uno e trino; ad
infiammare il cuore di amore di Dio e della vera vita, in sé e negli altri,
per meritare la felicità della vita eterna.
Differenza fra la contemplazione dei santi e quella dei filosofi
E’ necessario notare qui una differenza fra la contemplazione dei fedeli
cristiani e quella dei filosofi pagani.
I pagani non cercavano che la propria perfezione ed ecco perché si
limitavano alla loro intelligenza; essi non si proponevano che d’arricchire
il loro ingegno di una nuova conoscenza. Ma la contemplazione dei santi,
che è poi quella dei cristiani, ha per fine l’amore di Dio contemplato. Ecco
perché essa non si limita alla intelligenza ma arriva alla volontà per
accendervi l’amore.
I santi nelle loro contemplazioni si propongono soprattutto di aumentare
la loro carità. Vale di più infatti, conoscere Gesù Cristo e possederlo
spiritualmente per mezzo della grazia, che possederlo col suo corpo o
anche nella sua essenza, ma senza la grazia.
Più l’anima è pura e più ha la capacità di contemplazione
Ora, man mano che l’anima si purifica ed entra in se stessa, l’occhio della
contemplazione le si dilata, ed essa si prepara una scala per ascendere
fino alla contemplazione di Dio.
Questa contemplazione infuocherà l’anima d’amore per le cose celesti,
divine, eterne e le farà sommamente disdegnare come nullità tutto ciò che
è terreno e temporaneo.
Si conosce Dio soprattutto per via di negazione
Quando cerchiamo di conoscere Dio per via di negazione, noi neghiamo
in lui ciò che appartiene al corpo, ai sensi, alla immaginazione; neghiamo
perfino ciò che è proprio della nostra ragione, insomma l’essere come lo si
incontra presso le creature (41). E’ il miglior modo, secondo san Dionigi,
l’arrivare alla conoscenza di Dio (42), quale ci è permesso acquistarla
sulla terra.
E’ in questa oscurità che abita Dio e nella quale entrò Mosè per elevarsi
fino alla luce inaccessibile (43).
Ma non è dallo spirito, bensì dal corpo che si deve incominciare. Bisogna
seguire la via ordinaria e andare dalla fatica dell’azione al riposo della
contemplazione: dalle virtù morali, alle virtù della visione sublime (44).
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