Page 10 - L'uniformità alla volontà di Dio
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sapientissimo, poiché ha data la vita per nostro amore, vuol anche il meglio per noi. Siam
pur sicuri, e persuasi, dice S. Basilio, che senza comparazione meglio procura Dio il
nostro bene, di ciò, che noi possiamo mai fare, e desiderare.
Ma veniamo a vedere intorno alla pratica in quali cose abbiamo da uniformarci alla
volontà di Dio. Per 1. dobbiamo uniformarci nelle cose naturali, che avvengono fuor di
noi, come quando fa gran caldo, gran freddo, pioggia, carestia, pestilenza, e simili.
Guardiamci di dire: Che caldo insopportabile! che freddo orribile! che disgrazia! che
mala forte! che tempo infelice! od altri termini, che dimostrino ripugnanza alla volontà di
Dio. Noi dobbiamo volere ogni cosa, com’ ella è, perché Dio è quegli, che dispone tutto.
S. Francesco Borgia, andando una notte ad una casa della Compagnia, mentre fioccava,
bussò più volte, ma perché i Padri dormivano, non gli fu aperto. Fatto giorno, molto si
rammaricarono quelli d’averlo fatto aspettare così allo scoperto; ma il Santo disse di aver
ricevuta in quel tempo una gran consolazione, in pensare, che Dio era quegli, che gli
gittava addosso quei fiocchi di neve.
Per 2. dobbiamo uniformarci elle cose, che avvengono dentro di noi, come nel patir fame,
sete, povertà, desolazioni, disonori. In tutto dobbiamo dir sempre: Signore fate e disfate
voi, io son contento: voglio solo quel, che volete voi. E così anche dice il P. Rodriguez,
che dobbiamo rispondere per quali finti casi, che il demonio ci mette alle volte in mente,
affin di farci cadere in qualche cattivo consenso, o almeno per inquietarci. Se il tale ti
dicesse la tal parola, se ti facesse la tale azione, che diresti? che faresti? Rispondiamo
sempre: Direi, e farei quel che vuole Dio. E così ci libereremo da ogni difetto, e molestia.
Per 3. Se abbiamo qualche difetto naturale, d’anima o di corpo, mala memoria, ingegno
tardo, poca abilità, membro storpio, salute debole, non ce ne lamentiamo. Che merito
avevamo noi, e qual obbligo avea Dio di darci una mente più sublime, un corpo meglio
fatto? non poteva egli crearci brutti? non lasciarci nel nostro niente? Chi mai riceve
qualche dono, e va cercando patti? Ringraziamolo dunque di ciò, che per sua mera bontà
ci ha donato, e contentiamoci del come ci ha fatti. Chi sa, se avendo noi maggior talento,
sanità più forte, viso più grazioso, ci avevamo a perdere? A quanti il lor talento, e scienza
è stata occasione di perdersi coll’invanirsene, e dispregiare gli altri; nel quale pericolo
sono più facilmente coloro, che avanzano gli altri nelle scienze, e ne’ talenti? A quanti
altri la bellezza, o la fortezza del corpo, è stata occasione di precipitare in mille
scelleraggini? Ed all’incontro quanti altri per esser poveri, o infermi, o deformi di
fattezze, si son fatti santi, e salvati? che se fossero stati ricchi, sani, o belli d’aspetto, si
sarebbon dannati. E così contentiamoci di quel, che Dio ci ha dato. Porro unum est
necessarium (Luc 10.42) Non è necessaria la bellezza, non la sanità, non l’ingegno acuto;
solo il salvarci è necessario.
Per 4. bisogna, che specialmente stiamo rassegnati nelle infermità corporali, e bisogna,
che l’abbracciamo volentieri, ed in quel modo, e per quel tempo, che vuole Dio.