Page 13 - L'uniformità alla volontà di Dio
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Sacerdote Eli: Dominus est, quod bonum est in oculis suis, faciat. (Lib 2 Reg. 3.18)
Di più obbiamo star rassegnati nelle desolazioni di spirito. E’ solito il Signore, quando
un’anima si dà alla vita spirituale, di abbondarla di consolatiozioni, affin di slattarla dai
gusti del mondo; ma poi quando la vede più fermata nello spirito, ritira la sua mano, per
provare il di lei amore, e vedere se lo serve, ed ama senza paga qui in terra di gusti
sensibili. Mentre si vive (dicea S. S. Teresa), non consiste il gaudagno in procurare di
godere più Dio, ma in fare la sua volontà. Ed in altro luogo: Non consiste l’amore di Dio
in tenerezze, ma in servire con fortezza, ed umiltà. Ed altrove: Con aridità, e tentazioni fa
pruova il Signore de’ suoi amanti. Ringrazi dunque il Signore l’anima, quando si vede
accarezzata con dolcezzo, ma non si deve affliggere con impazienze, quando si vede
lasciata in desolazione. Bisogna molto avvertir questo punto, perché alcune anime
sciocche vedendosi aride, si pensano, che Dio l’abbia abbandonate, o pure, che non faccia
per sees la vita spirituale; e così lasciano l’orazione, e perdono quanto han fatto. Non v’ è
più bel tempo di esercitare la nostra rassegnazione alla volontà di Dio, che il tempo
dell’aridità. Io non dico, che voi non proviate pena in vedervi lasciata dalla presenza
sensibile del vostro Dio; non più sensirsi una tal pena; nè può l’anima non lagnarsene,
quando lo stesso nostro Redentore se ne lagnò sulla croce: Deus meus, ut quid dereliquisti
me? (Matt. 22.46) Ma nella sua pena dee sempre tutta rassegnarsi nella volontà del suo
Signore. Tutti i Santi hanno patite queste desolazioni, ed abbandoni di spirito. Che
durezza di cuore (dicea S. Bernardo) è quella che provo; non gusto più della lezione, non
mi piace più il meditare, non più l’orare! Per lo più i Santi sono stati in aridità, non già in
consolazioni sensibili. Queste il Signore non le concede, se non di rado, ed agli spiriti
forse più deboli, acciò non arrestino nel cammino spirituale, le delizie, che son di premio,
ce le prepara in Paradiso. Questa terra è luogo di merito, ove si merita col patire, il cielo è
luogo della mercede, e del godere. Perciò in questa terra, non il fervore sensibile col
godere, ma il ervore dello spirito col patire è quello, che han desiderato, e cercato i Santi.
Diceva il V. Giovanni Avila (Audi fil. c. 26): Oh quanto è meglio stare in aridità, e
tentazioni colla volontà di Dio, che in contemplazione senza di quella!
Ma dirai: S’ io sapessi, che questa desolazione viene da Dio, mi starei contento; ma quel
che mi affligge, e m’ inquieta, è il timore, che venga per colpa mia, e per castigo della mia
tepidezza. Bene; togli dunque la tepidezza, ed usa più diligenza. Ma forse perché stai in
oscurità, vuoi perciò inquietarti, perciò lasciare l’orazione, e così far doppio il tuo male?
Venga l’aridità per tuo castigo, come dici. Ma questo castigo, non te lo manda Dio?
Accettalo dunque in castigo, a te ben degno, e stringiti colla divina volontà. Non dici tu,
che ti meriti l’Inferno? ed ora perché ti lamenti? forse tu meriti, che Dio ti consoli? Eh via
contentati del come Dio ti tratta; prosiegui l’orazione, e’ l cammino intrapreso, e terni da
oggi avanti, che i tuoi lamenti vengano da poca umiltà, e da poca rassegnazione alla
volontà di Dio. Quando un’anima va all’orazione, non può cavarne maggior profitto, che
unirsi alla volontà divina; onde rassegnati, e dì: Signore, io accetto questa pena dalle
vostre mani, e l’accetto per quanto a voi piace; se volete ch’ io stia così afflitto per tutta
l’eternità io son contento. E così quell’orazione benchè penosa to gioverà più d’ogni più
dolce consolazione.
Ma bisogna pensare, che non sempre l’aridità è castigo, ma alle volte disposizione di Dio