Page 15 - L'uniformità alla volontà di Dio
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morte, che Dio ci avrà determinata. Savateci Signore (diciamo sempre, allorchè pensiamo
                  alla nostra morte), e poi fateci morire, come a voi piace.


                  Così ancora dobbiamo uniformarci al quando del nostra morte. Cos’ è questa terra, se non
                  una carcere dove stiamo a patire, ed in pericolo di perdere Dio ogni momento? Questo
                  facea gridare a Davide: Educ de custodia animam meam. (Ps. 141.8) Questo timore facea
                  sospirare la morte a S. Teresa, la quale sonando l’orologio, tutta si consolava, pensanso,
                  ch’ era passata un’ora della sua vita, un’ora di pericolo di perdere Dio. Diceva il P. M.
                  Avila, che ognuno il quale si trovasse con mediocre disposizione, dee desiderar la morte
                  per ragion del pericolo, in che si vive di perder la divina grazia. Che cosa più cara, e più
                  desiderabile, che con una morte assicurarci di non potere più perdere la grazia del nostro
                  Dio? Ma io, tu dici, non ho fatto niente ancora, niente ho acquistato per l’anima. Ma se
                  Dio vuole, che ora termini la vata, che faresti appresso, se viveresti contro la volontà di
                  Dio?  E  chi  sa  se  allora  faresti  quella  morte,  che  ora  puoi  sperare  di  fare? Chi  sa  se
                  mutando  volontà,  caderesti  in  altri  peccati,  e  ti  danneresti?  E  poi  s’  altro  non  fosse,
                  vivendo  non  puoi  vivere  senza  peccati,  almeno  leggieri.  Cur  (dunque  asclamava  S.
                  Bernardo) cur vitam desideramus, in qua quanto amplius vivimus, tanto plus peccamus?
                  (Med.  c.8)  Ed  è  certo,  che  più  dispiace  a  Dio  un  solo  peccato  veniale,  che  non  gli
                  piacciono tutte le opere sante, che noi possiamo fare.


                  Dico di  più, chi  poco desidera il Paradiso,  dà segno di  poco amore a  Dio. Chi  ama,
                  desidera la presenza dell’amato; ma noi non possiamo vedere Dio, se non lasciamo la
                  terra;  e perciò tutti i  Santi han sospirata la morte, per andare  a vedere  il loro amato
                  Signore. Così sospirava S. Agostino. Eja moriar, ut te videam. Così S. Paolo: Desiderium
                  habens dissolvi, et esse cum Cristo (ad Philip. 1.28) Così Davide: Quando veniam et
                  apparebo ante faciem Dei? (Psal. 41.3) E così tutte l’anime innamorate di Dio. Narra un
                  Autore (Flores Enrel. Graul. 4. c. 68) che andando un giorno un Cavaliere a caccia in una
                  selva, udì un uomo, che dolcemente cantava; s’ inoltra, e trova un povero lebbroso mezzo
                  fracido; gli dimanda s’ egli era, che cantava? Sì (rispose quegli), io sono, signore, quello,
                  che  cantava.  E  come  mai  puoi  cantare,  e  star  contento  con  tanti  dolori,  che  ti  van
                  togliendo la vita? Rispose il lebbroso: Fra Dio, Signor mio, e me non v’ è altra cosa di
                  mezzo, che questo muro di fango, che è questo mio corpo; tolto via questo impedimento,
                  anderò a godere il mio Dio. E vedendo io, che ogni giorno mi si va disfacendo a pezzi, mi
                  rallegro, e canto.



                  Per ultimo anche ne’ gradi di grazia, e di gloria bisogna, che noi ci uniformiamo al divino
                  volere:  dobbiamo  sibbene  stimare  le  cose  di  gloria  di  Dio,  ma  più  la  sua  volontà:
                  dobbiamo desiderare d’amarlo più de’ Serafini, ma non dobbiamo poi volere altro grado
                  d’amore, se non quello, che il Signore ha daterminato di donarci. Dice il P. M. Avila
                  (Audi filia c.12): Io non credo, che vi sia stato Santo, che non abbia desiderato d’esser
                  migliore di quello, ch’ era; ma ciò non togliea loro la pace, perché non lo desideravano
                  per propria cupidità, ma per Dio, della cui distribuzione si tenevano contenti, benchè
                  avesse dato loro meno: stimando per vero amore più il contentarsi di quel che Dio dava
                  loro, che’ l desiderare di aver molto. Il che viene a dire, come spiega il P. Rodriguez (trat.
                  8. c. 30), che sebbene dobbiamo noi esser diligenti nel procurar la perfezione per quanto
                  possiamo, affinchè non ci serva di scusa la propria tepidezza, e pigrizia, come fanno
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