Page 14 - L'uniformità alla volontà di Dio
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per  nostro  maggior  profitto,  e  per  conservarci  in  umiltà.  Acciocchè  S.  Paolo  non  s’
                  invanisse  de’  doni  ricevuti,  il  Signore  permettea,  che  fosse  tormentato  da  tentazioni
                  impure. Ne magnitudo revelationum extollat me, datus est mihi stimulus carnis meae,
                  Angelus Sathanae, qui me colaphizet. (1 Cor. 17.7) Chi fa orazione con dolcezze, non fa
                  gran cosa. Est amicus socius mensae, et non permanebit in die necessitatis. (Eccl. 6.10)
                  Voi non terrete per vero amico, chi solo vi accompagna nella vostra mensa, ma chi vi
                  assiste ne’ travagli, e senza suo utile. Quando Dio manda oscurità, e desolazione, allora
                  prova  i  veri  suoi  amici.  Palladio  pativa  gran  tedio  nell’orazione,  andò  a  trovare  S.
                  Macario, e quegli gli disse: Quando il pensiero ti dice, che lasci l’orazione, rispondigli:
                  Io per amor di Gesù Cristo mi contento di star qui a custodire le mura di questa cella.
                  Questa dunque è la risposta, quando ti senti tentato a lasciar l’orazione; perché ti pare di
                  perdervi il tempo, dì allora: Io sto qui per dar gusto a Dio. Dicea S. Francesco di Sales,
                  che se nell’orazione altro non facessimo, che discacciare distrazioni, e tentazioni, pure
                  l’orazione è ben fatta. Anzi dice il Taulero, che a chi persevera nell’orazione coll’aridità,
                  Dio farà una grazia maggiore, che se avesse orato molto con molta divizione sensibile.
                  Narra il P. Rodriguez d’un certo, il quale dicea, che in quaranta anni d’orazione non avea
                  mai provata alcuna consolazione, ma che ne’ giorni che la facea, si sentiva forte nelle
                  virtù; quando all’incontro la lasciava, in quel giorno provava una tal debolezza, che lo
                  faceva inetto  ad ogni  cosa di  buona. Dicono S. Bonaventura e’ l  Gersone, che molti
                  servono più Dio col non avere il raccoglimento desiderato, che se l’avessero, perché così
                  vivono più diligenti, e più umiliati; altrimenti forse s’ invanirebbero, e sarebbero più
                  tepidi, pensando d’aver già trovato ciò, che cercavano. E quel, che dicesi dell’aridità,
                  dicesi ancora delle tentazioni. Dobbiamo noi procurare di schivar le tentazioni; ma se
                  vuole Dio, o permette, che noi siamo tentati contro la fede, contro la purità, o contro altra
                  virtù, non dobbiamo lamentarci, ma anche in ciò rassegnarci al divino volere. A S. Paolo
                  che pregava d’esser liberato dalla tentazione d’impurità, rispose il Signore: sufficit tibi
                  gratia mea. E così anche noi, se vediamo, che Dio non ci esaudisce in esimerci da qualche
                  tentazione molesta, diciamo: Signore, fate voi, e permettete quel che vi piace, mi basta la
                  vostra grazia; ma assistetemi, acciò non la perda mai. Non le tentazioni, ma il consenso
                  alla tentazione, ci fa perdere la divina grazia. Le tentazioni quando le discacciamo, ci
                  mantengono più umili, ci acquistano più meriti, ci fan ricorrere più spesso a Dio, e così ci
                  conservano più lontani dall’offenderlo, e più ci uniscono al suo santo amore.


                  Finalmente bisogna, che ci uniamo colla volontà di Dio circa il punto della nostra morte,
                  e per quel tempo, ed in quel modo, che Dio la manderà. S. Geltrude (l. 1. Vita c. 11)
                  salendo un giorno una collina, sdrucciolò, e cadde in una valle. Le dimandarono poi le
                  compagne,  se  avesse  avuto  paura  di  morire  senza  Sagramenti?  Rispose  la  Santa:  Io
                  desidero molto di morire coi Sagramenti, ma fo più conto della volontà di Dio, perché
                  tengo la miglior disposizione, che possa aversi a ben morire, sia di sottoporsi a ciò, che
                  Dio vorrà; perciò io desidero qualunque morte, che piacerà di darmi al mio Signore. Narra
                  S. Gregorio ne’ suoi Dialoghi (l. 3. c.37), che i Vandali avendo condannato a morire un
                  certo Sacerdote chiamato Santolo, gli diedero poi facoltà di scegliersi qual sorta di morte
                  volesse; il santo uomo ricusò di eleggere, ma disse: Io sono nelle mani di Dio, e riceverò
                  la morte, ch’ egli permetterà, che voi mi facciate soffrire, nè io voglio altra, che quella.
                  Quest’ atto piacque tanto al Signore, che avendo quei barbari determinato di farli tagliar
                  la testa, fè arrestare il braccio del  carnefice, e con tal miracolo quelli si piegarono a
                  concedergli la vita. Circa dunque il modo, quella per noi dobbiamo stimate la miglior
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