Page 16 - L'uniformità alla volontà di Dio
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alcuni con dire: Dio me l’a da dare: io non posso più, che tanto; nondimeno quando poi
                  manchiamo, non dobbiamo perder la pace, e la conformità alla volontà di Dio in aver
                  permesso  il  nostro  difetto,  nè  perderci  d’animo;  alziamoci  subito  allora  da  quello:
                  umiliandoci  col  pentimento,  e  cercando  maggior  ajuto  dal  Signore,  proseguiamo  il
                  cammino. Così parimente, ancorchè ben possiamo desiderare di giunger in cielo al coro
                  de’ Serafini, più gloria a Dio, e per maggiormente amarlo; dobbiamo noi però rassegnarci
                  al  suo  santo  volere,  contentandoci  di  quel  grado,  che  si  degnerà  di  darci  per  sua
                  misericordia.


                  Sarebbe poi un difetto troppo notabile il desiderare di aver doni di orazione sovranaturale,
                  e precisamente d’estasi, visioni, e rivelazioni; che anzi dicono i maestri di spirito, che
                  quelle anime, le quali son favorite da Dio di simili grazie, debbono pregarlo a privarnele,
                  acciocchè l’amino per via di pura fede, ch’ è la via più sicura. Molti sono giunti alla
                  perfezione  senza  queste  grazie  sovranaturali,  le  sole  virtù  son  quelle  che  sollevano
                  l’anime alla santità, e principalmente l’uniformità alla volontà di Dio. E se Dio non vuole
                  innalzarci a grado sublime di perfezione, e di gloria, conformiamoci in tutto al suo santo
                  volere, pregandolo che ci salvi almeno per la sua misericordia. E facendo così, non sarà
                  poca la mercede, che per la sua bontà ci donera il nostro buon Signore, il quale ama sopra
                  tutto le anime rassegnate.





                  In somma dobbiamo mirar tutte le cose, che ci accadono, e ci avranno da accadere, come
                  procedenti dalle divine mani. E tutte le nostre azioni dobbiamo indrizzarle a questo solo
                  fine, di far la volontà di Dio, e farle solo perché Iddio le vuole. E per andare in ciò più
                  sicuri, bisogna, che dipendiamo dalla guida de’ nostri Superiori in quanto all’esterno, e
                  dai Direttori in quanto all’interno, per intender da essi ciò che vuole Dio da noi; avendo
                  gran fede alle parole di Gesù Cristo, che ci ha detto, Qui vos audit, me audit. (Luc. 10. 16)
                  E sopra tutto attendiamo a servire Dio per quella via, per cui vuole Dio esser da noi
                  servito. Dico ciò, affinchè evitiamo l’inganno di taluno, che perde il tempo a pascersi col
                  dire: Se stassi in un deserto, s’ entrassi in un Monastero, se andassi in altro luogo fuori di
                  questa casa, lontano da questi parenti o compagni, mi farei santo, farei le tali penitenze,
                  farei tanta orazione. Dice, farei, farei; ma frattanto, soffrendo di mala volgia quella croce,
                  che Dio gli manda, in somma non camminando per quella via, che vuole Dio, non si fa
                  santo, anzi va di male in peggio. Questi desideri alle volte son tentazioni del demonio,
                  poiché non saranno secondo la volontà di Dio, onde bisogna discacciarli, ed animarci a
                  servire il Signore per quella sola strada, che egli ci ha eletta. Facendo la sua volontà,
                  certamente  ci  faremo  santi  in  ogni  stato  dove  il  Signore  ci  pone.  Vogliamo  dunque
                  sempre solo quel che vuole Dio, che facendo così, egli ci stringerà al suo cuore; ed a tal
                  fine facciamoci familiari alcuni passi della Scritura,che c’ invitano ad unirci sempre più
                  colla divina volontà. Domine, quid me vis facere? Dio mio, ditemi, che volete da me, ch’
                  io tutto tutto voglio farlo? Tuus sum ego, salvum me fac. (Ps. 18.94) Io non sono più mio;
                  son vostro, o mio Signore, fatene di me quel che volete voi. Quando specialmente ci
                  avviene qualche accersità più pesante, morte di parenti, perdita di bene, e simili: Ita Pater
                  (diciamo sempre), ita Pater, quoniam sic fuit placitum ante te. (Matt. 11.26) Sì Dio mio, e
                  Padre mio, così sia fatto, perché così è piacuto a voi. Sopra tutto ci sia cara l’orazione
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