Page 9 - L'immortalità dell'Anima
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come non posti fuori in determinate condizioni, allo stesso modo appunto dello
spirito che li conosce. Difatti con atto medesimo si pensa che non sono in
condizioni di spazio.
... e puro pensiero o intelletto attuantesi.
6. 11. Quindi la sintesi del soggetto pensante e dell'intelligibile pensato o
avviene in maniera che lo spirito è soggetto e l'intelligibile è nel soggetto, o al
contrario l'intelligibile è il soggetto e lo spirito nel soggetto, o sono ambedue a
sé stanti. Nella prima ipotesi sono egualmente immortali lo spirito e il pensiero
poiché il pensiero, in virtù della dimostrazione già esposta, può inerire soltanto
a soggetto vivo. La medesima logica conclusione si ha nella seconda ipotesi.
Infatti se l'intelligibile che si dice pensiero, nel suo esprimersi, non soggiace a
divenire, non soggiace a divenire l'essere che è in esso come in soggetto. Quindi
ogni difficoltà rimane per la terza ipotesi. Infatti se lo spirito è a sé stante, e
l'essere a sé stante si congiunge col pensiero, si potrebbe pensare, senza cadere
nell'assurdo, alla possibilità che lo spirito sia defettibile, pur rimanendo
indefettibile il pensiero. Ma è evidente che lo spirito, finché non si separa dal
pensiero e ad esso inerisce, necessariamente persiste in vita. Intanto da quale
forza potrebbe esserne separato? Da forza materiale, più debole nel potere,
inferiore di origine e di ordine assai diverso? Certamente no. Spirituale allora?
Ma anche qui in qual maniera? Anche uno spirito più puro, qualunque sia, non
può forse attuare un puro pensiero senza allontanarne lo spirito inferiore? Ma
pur nell'ipotesi che tutti abbiamo pura intellezione, il pensiero non viene a
mancare per ognuno che abbia pura intellezione. Intanto non v'è essere che sia
più in atto del pensiero, poiché è il meno soggetto al divenire. Quindi in
nessuna maniera lo spirito che ancora non è congiunto con il pensiero può
essere più in atto di quello che v'è congiunto. Rimane che il pensiero lo separi
da sé o lo spirito stesso se ne separi. Ma all'essere del pensiero non appartiene il
cattivo volere che gli impedisca di offrirsi allo spirito. Anzi quanto più ha essere
tanto più comunica alla cosa, che gli si unisce, quell'essere il cui contrario è il
perire. Si potrebbe poi dire, non del tutto illogicamente, che il soggetto pensante
si separa dal pensiero con la volontà, se si desse vicendevole separazione degli
esseri che non sono nello spazio. Il motivo si può applicare contro tutte le
precedenti obiezioni, alle quali abbiamo opposto altrettante confutazioni. E
allora si deve già ammettere che lo spirito dell'uomo è immortale? E potrebbe
cessar d'essere anche se è impossibile che si separi? Ma se il potere della ragione
attua lo spirito in virtù del congiungimento, e necessariamente lo attua, lo attua
certamente nel produrvi l'essere. L'essere appartiene in grado sommo al
pensiero che si concepisce come la forma più pura d'esenzione dal divenire.
Dunque costringe, in certo senso, all'essere le cose cui si partecipa. Quindi lo
spirito non può cessar d'essere se non separato dal pensiero. Ma non può essere
separato, come abbiamo già dimostrato; quindi non può perire.