Page 5 - L'immortalità dell'Anima
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molteplicità d'effetti. Il corpo infatti, da qualsivoglia forza sia mosso, non può
                  essere  completamente  uno  perché  può  essere diviso in parti ed  è  assurdo  un
                  corpo senza parti. D'altra parte non si dà tempo senza distinzioni di momenti.
                  Anche se si profferisce una sillaba brevissima, ne puoi udire la fine soltanto se
                  non  odi  più  l'inizio.  Ora  per  ogni  atto  che  si  compie  nella  successione  si  ha
                  bisogno dell'attesa, perché esso si possa distendere, e della memoria perché si
                  possa  contrarre  quanto  è  possibile.  L'attesa  è  degli  avvenimenti  futuri,  la
                  memoria dei passati. Ma la coscienza d'agire è del presente. In esso appunto il
                  futuro diviene passato, sicché l'attesa del termine d'un attuale movimento del
                  nostro essere fisico si congiunge ad un atto di memoria. Non è infatti possibile
                  attendere il termine se può sfuggire l'inizio e perfino la realtà del movimento
                  stesso.  Allo  stesso  modo  la  coscienza  dell'azione  continuata  che  è  presente  è
                  impossibile senza l'attesa del termine che è futuro. Insomma è reale soltanto ciò
                  che  ancora  non  è  reale  ovvero  non  lo  è  più.  In  un'azione  quindi  vi  possono
                  essere momenti appartenenti alle cose che ancora non si sono verificate. In chi
                  compie l'azione, al contrario, v'è simultaneamente la serie dei momenti sebbene
                  essi non possano essere simultaneamente. Possono essere dunque in chi muove,
                  sebbene non possano essere in chi è mosso. Ma tutte le cose, che non possono
                  essere  simultaneamente  in  un  attimo  di  tempo  e  tuttavia  sono  trasmesse  dal
                  futuro al passato, sono di necessità nel divenire.


                  ... e quindi suo non divenire;



                  3. 4. Ne deduciamo che non è assurdo che vi sia un essere il quale muove le
                  cose  poste  nel  divenire,  ma  non  è  posto  nel  divenire.  Difatti  non  è  posta  nel
                  meccanismo,  in  chi  muove,  la  coscienza  di  condurre  al  fine  voluto  l'essere
                  sensibile che è mosso. Inoltre l'essere sensibile usato come mezzo  è posto dal
                  movimento  nel  meccanismo  per  momenti  successivi  ed  è  manifesto  che  la
                  coscienza di produrre l'effetto rimane fuori del divenire nell'atto che muove le
                  membra dell'artigiano, il legno o la pietra che egli ha sotto mano. Non si può
                  dunque dubitare che  è logicamente conseguente quanto  è stato detto. Quindi
                  non  necessariamente  la  soggezione  al  meccanismo  nei  corpi  prodotta  dallo
                  spirito, anche se esso ne è cosciente, ne comporta la soggezione al meccanismo
                  per  cui  si  debba  ritenere  che  anche  esso  soggiaccia  a  morte.  Esso  infatti
                  congiunge all'attuale coscienza la memoria del passato e l'attesa del futuro. E
                  questi  momenti  non  si  concepiscono  senza  la  vita.  E  sebbene  non  si  dia
                  corruzione  senza  il  meccanismo  né  meccanismo  senza  il  movimento,  tuttavia
                  non  necessariamente  il  meccanismo  causa  la  corruzione  né  il  movimento  il
                  meccanismo.  Non  è  assurdo  infatti  pensare  che  il  nostro  corpo  è  mosso
                  continuamente  da  agenti  esterni  e  che  diviene  attraverso  l'età,  ma  non  per
                  questo  che  è  già  morto,  cioè  privo  di  vita.  È  possibile  quindi  pensare  che  lo
                  spirito  non  viene  perdendo  vita  nella  successione,  sebbene  soggiaccia  a  una
                  certa forma di divenire mediante il movimento.
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