Page 12 - L'immortalità dell'Anima
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... mentre il vivere-esistere è immediato nell'anima;
8. 15. Ma ammesso che così fosse, a più forte ragione avrebbe tale sufficienza lo
spirito. Esso infatti, com'è manifesto, ha più essere del corpo. E nell'ipotesi che
esso esista per sé, sarebbe con immediatezza dimostrato che è immortale. È di
metafisica necessità infatti che un essere tale sia incorruttibile e che quindi non
possa perire perché nessun essere può abbandonare se stesso. Al contrario la
soggezione del corpo al divenire è d'immediata evidenza. Lo dimostra
l'universale movimento dell'universo sensibile. Perciò da chi sa osservare con
intelligenza, nei limiti con cui la natura può esser osservata, si scopre che l'esser
diveniente diviene secondo una razionale legge del divenire. Ma l'essere per sé
non ha necessità di movimento, poiché esso è medesimo a sé in ogni atto del
proprio essere. Il movimento al contrario tende all'altro che è di necessità
all'essere diveniente. Dunque la forma inerisce all'universo sensibile per
l'azione d'una causa generante superiore che è ragione sufficiente e
conservatrice degli esseri prodotti. Quindi la soggezione al divenire non sottrae
al corpo di esser corpo, ma lo attua di perfezione in perfezione con movimento
sommamente razionale. Non si lascia dunque che una parte vada al nulla,
poiché la sua causa efficiente tutto conchiude con potere che non si affatica e
non si arresta. Ed essa dà ad ogni essere da lei prodotto di esistere nelle
condizioni in cui esiste. Quindi non si deve essere così irragionevoli da dubitare
che lo spirito valga di più del corpo ovvero, ciò concesso, da ritenere che il
corpo non possa cessare d'esser corpo e che lo spirito possa cessare d'essere
spirito. Ma se non cessa di esserlo ed è spirito perché vive, certamente lo spirito
giammai muore.
c) per corruzione: dove c'è l'anima c'è la vita;
9. 16. Ma qualcuno potrebbe pensare che per l'essere spirituale non si deve
temere la corruzione per cui non è più qualche cosa che è stato, ma quella per
cui diciamo morti gli esseri privi di vita. Consideri allora che nessun essere
subisce privazione di se stesso. Ora l'anima è concetto di vita; si concepisce
infatti come vivo l'essere animato e come morto, cioè privo di vita, l'essere
inanime che può essere animato. Quindi l'anima non può morire. Se potesse
subir privazione di vita, non sarebbe anima ma un essere animato. E questo è
assurdo. Quindi a buona ragione il genere di morte, che non si deve temere per
la vita, non si deve temere neanche per l'anima. Sia infatti per ipotesi che
l'anima muore quando se ne separa la vita. Ma l'anima viene concepita con
molta proprietà come la vita che se ne separerebbe. L'anima in definitiva non è
un soggetto da cui la vita si separerebbe, ma vita che si separerebbe da se stessa.
Infatti ogni essere che si dice morto perché separato dalla vita, s'intende
separato dall'anima. Allora la vita che si separa dagli esseri che muoiono è
l'anima stessa che non si può separare da sé. Quindi l'anima non muore.