Page 50 - L’Amicizia Spirituale
P. 50
A qualcuno, infatti, la verità dà fastidio, e può anche darsi che il dirla
susciti risentimento, come sta scritto: “L’adulazione genera amici, la
verità genera l’odio; l’adulazione tuttavia è molto più dannosa perché,
essendo indulgente con gli errori, permette che l’amico precipiti nella
rovina”. Un amico è gravemente colpevole, e quindi soprattutto in questo
va rimproverato, se disprezza la verità e si lascia indurre da adulazioni e
attrattive a commettere cose gravi. Non è che sia proibito accontentare
con dolcezza gli amici, e spesso anche di lodarli, ma in tutto va rispettata
la moderazione, cosicché l’ammonizione deve essere priva di asprezza, e
il rimprovero non deve diventare un insulto. Nell’accondiscendenza e nei
complimenti deve sempre esserci un’affabilità dolce e onesta. Invece si
devono eliminare con decisione le moine, che sono fonte di vizi e indegne
non solo di un amico, ma anche di un uomo libero.
Se poi uno ha proprio le orecchie chiuse alla verità, da non poterla
ascoltare neppure da un amico, allora si deve temere per il bene della sua
anima. Per cui, come dice sant’Ambrogio, “se scopri qualche difetto
nell’amico, correggilo in privato; se non ti ascolta, correggilo in pubblico.
Le correzioni, infatti, sono buone, e spesso sono meglio di un’amicizia
troppo silenziosa. Anche se l’amico si sente offeso, tu correggilo lo stesso.
Anche se l’amarezza della correzione gli ferisce l’animo, tu correggilo lo
stesso. È meglio sopportare le ferite inflitte dagli amici, che i baci degli
adulatori. Correggi, dunque, l’amico che va fuori strada”.
Nel correggere si devono evitare soprattutto l’ira e il risentimento acido,
perché non sembri che, più che correggere un amico, uno voglia dar sfogo
ad un eccesso d’ira. Ho visto infatti alcuni che nel correggere gli amici
facevano passare per zelo e per sincerità la loro amarezza e il ribollire
dell’esasperazione. Questo modo di correggere, che segue l’istinto e non
la ragione, non ha mai fatto bene a nessuno, anzi, ha fatto spesso molti
danni. Fra gli amici non c’è nessuna giustificazione possibile per questo
vizio. L’amico deve infatti entrare in simpatia con il proprio amico, essere
condiscendente, sentire come suo il difetto dell’altro, correggere in modo
discreto, facendo propri i sentimenti dell’altro. Lo deve correggere con la
tristezza del volto, con parole che sanno di afflizione, anche con il pianto
che interrompe le parole. L’altro non deve solo vedere, ma anche sentire
che la correzione sgorga dall’amore, e non dal rancore. Se l’amico rifiuta
una prima correzione, accoglierà almeno la seconda. Tu intanto prega,
piangi, mostra un volto rattristato, ma conserva un affetto pieno di carità.
Devi anche scrutare come è fatto il suo animo. Ci sono infatti quelli che si
piegano più volentieri alle amorevolezze, altri che non ci fanno alcun
caso, e si correggono più facilmente con la disciplina o con le parole.
48